Cambiano i presidi: uno su sei rischia il trasferimento obligatorio per una norma anticorruzione

L’intervento della Corte dei conti rischia di far cambiare scuola al 15% dei dirigenti scolastici. Costarelli (ANP Lazio): “Abbiamo chiesto che la norma sia adattata diversamente per i presidi”

“Dal prossimo anno i dirigenti scolastici che hanno già svolto due mandati nello stesso istituto, andranno trasferiti. Lo prevede una norma. E se non la applico, la Corte dei conti non registrerà più i vostri contratti”. Queste le parole che ieri il direttore dell’ufficio scolastico regionale del Lazio, Rocco Pinneri, ha rivolto ai presidi in una call. Un problema, però, che non riguarda soltanto i 650 presidi del Lazio, ma gli oltre 7.500 colleghi a livello nazionale. E di loro almeno il 15 per cento, uno su sei a Roma come nel resto d’Italia, rischia di essere destinato a una nuova sede.

I TEMPI


Dopo avere ignorato la cosa per vent’anni, su spinta della magistratura contabile i vari Uffici scolastici regionali si apprestano ad applicare un’indicazione del codice anticorruzione (approvata nel 2001, poi confermata nel 2012) che inserisce anche i presidi tra le categorie soggette a rotazione: proprio perché gestiscono appalti, affidamenti e acquisto di beni, potrebbero essere allettati da proposte indicenti. Devono essere poi i singoli provveditori a decidere dopo quanti mandati scatta l’incompatibilità. Una disposizione alla quale si sono attenute in tutt’Italia soltanto cinque territori (Provincia di Trento, Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Puglia) tra il disinteresse generale. E le regioni coinvolte hanno utilizzato, però, criteri diversi: a Bari si può restare in sella per 12 anni, ad Ancona o a Bologna nove. La Corte dei conti, dopo ventanni, ha dato mandato ai provveditori di indicare sia i tempi del turn over sia di applicare le rotazioni. In caso contrario non avrebbero validato, come prevede la legge, i singoli contratti dei presidi.

A dicembre e di fronte a tale input, Pinneri, alla guida dell’ufficio regionale del Lazio, nel suo piano anticorruzione ha messo nero su bianco che i dirigenti scolastici non possono restare al loro posto per più di due mandati, in tutto sei anni. Di più, come ha chiarito nella videocall di ieri, chi a settembre si troverà con il contratto scaduto (è di durata triennale), sarà trasferito. E la decisione rischia di scuotere non poco la scuola italiana. Intanto perché i presidi sono spesso simbolo di inamovibilità: si stima che ogni anno meno del 10 per cento sia destinato a nuovo incarico e questo avviene su loro richiesta. Senza contare che – come accade per professori e personale amministrativo o bidelli – non è sempre facile reperire queste figure: a Roma, l’anno didattico in corso si è aperto con 48 istituti guidati da reggenti.

IL GOVERNO


I presidi non ci stanno. “Proprio ieri abbiamo partecipato ad un incontro con il direttore Pinneri nel quale abbiamo fatto presente che la rotazione è un principio che per i dirigenti scolastici potrebbe essere diversamente adattato perché la scuola non rappresenta una situazione a forte rischio corruttivo, anzi, è molto basso”, spiega a Corriereuniv.it Cristina Costarelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi del Lazio. “Il direttore ci ha detto che sta facendo il possibile affinché siano di più i mandati. Noi abbiamo proposto come Anp Lazio che siano almeno quattro, quindi dodicianni nella stessa sede”. Un numero questo che eviterebbe “non un rischio corruttivo ma più che altro un accomodamento del dirigente nella stessa sede”. Anche perché come ha fatto notare Costarelli al direttore Pinneri “se può esserci corruzione questa può avvenire anche dopo uno o due anni”.

La questione non è soltanto romana. Identica discussione, con altrettanti resistenze degli interessati, va avanti in Piemonte, Veneto, Basilicata, Sardegna o Sicilia. Dalla Lombardia Matteo Loria, presidente della locale sede dell’Anp, fa sapere “di aspettare le indicazioni del direttore didattico appena nominato. Il suo predecessore, a nostra domanda, ci ha risposto che non c’erano problemi di vincoli”. Sono fiduciosi anche in Campania. “L’attuale provveditore – spiega il responsabile locale dei presidi, Franco De Rosa – durante il Covid ci ha spiegato che ci sono altre priorità”. Parole che per certi aspetti indispettiscono il leader dell’associazione in Puglia Roberto Romito, dove la norma è applicata: “Capisco i dubbi dei miei colleghi, ma nelle loro Regioni la Corte dei Conti come ha fatto finora a certificare i loro contratti?”.

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