Stati Uniti, Corte Suprema: “Università non potranno più valutare razza studenti come criterio ammissione”

La Corte Suprema smantella la cosiddetta “azione affermativa” per l’ammissione ai college, una sorta di discriminazione positiva istituita per garantire maggiore inclusione delle minoranze

Le università americane non potranno più prendere in considerazione la razza come criterio per far iscrivere gli studenti. A stabilirlo una sentenza emessa ieri dalla Corte Suprema USA, pronunciamento che costringerà gli istituti di istruzione superiore a cercare nuovi modi per ottenere corpi studenteschi diversificati. Con una decisione presa con 6 voti favorevoli e 3 contrari, la Corte ha bocciato i piani di ammissione di Harvard e dell’Università della Carolina del Nord, rispettivamente i più antichi college pubblico e privato del Paese.

La maggioranza conservatrice dei giudici ha picconato un’eredità storica del movimento per i diritti civili degli anni ’60: la cosiddetta “azione affermativa” per l’ammissione ai college, ovvero una sorta di discriminazione positiva istituita allo scopo garantire una maggiore inclusione delle minoranze, a partire da quella afroamericana, anche a beneficio degli altri studenti, che possono così confrontarsi con punti di vista diversi.

Ma per il presidente della Corte suprema John Roberts, autore dell’opinione di maggioranza, questa prassi “non può durare per sempre”. Per troppo tempo le università hanno “concluso, a torto, che il punto di riferimento dell’identità di un individuo non è costituita dalle sfide vinte, dalle abilità acquisite o dalle lezioni imparate, ma dal colore della sua pelle. La nostra storia costituzionale non tollera questa scelta” – ha aggiunto. In dissenso, la giudice Sonia Sotomayor ha affermato che la decisione “fa regredire decenni di precedenti e di progressi epocali. Una società endemicamente segregata”, illudendosi che il razzismo sia un problema del passato. “Ignorare la razza non renderà uguale una società che è razzialmente disuguale. Ciò che era vero negli anni ’60 del 1800, e ancora nel 1954, è vero anche oggi: l’uguaglianza richiede il riconoscimento della disuguaglianza”.

Bide: “Ancora discriminazioni negli USA”

D’accordo con la minoranza dei giudici anche il presidente Joe Biden, che ha commentato pubblicamente la sentenza dalla Casa Bianca: “Le discriminazioni esistono ancora negli Stati Uniti, le pari opportunità non sono ovunque nel Paese”, ha denunciato, annunciando una serie di iniziative per tenere in qualche modo aperta la via per rafforzare la diversità e la giustizia razziale nelle scuole. Tra le reazioni democratiche anche quella di Barack Obama, che insieme alla moglie Michelle ha beneficiato dell’azione affermativa per studiare proprio ad Harvard. Trump ha invece sintetizzato l’esultanza dei conservatori: “Questo è un grande giorno per l’America. Le persone con capacità straordinarie vengono finalmente premiate. Ci manterrà competitivi con il resto del mondo. Torneremo alla situazione in cui tutto è basato sul merito, ed è così che deve essere!”.

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