IA, l’80% degli studenti la utilizza per i compiti. La ricercatrice a Corriereuniv: “Non prenda sopravvento su processi decisionali”

La ricerca Noplagio.it: 60% degli alunni usa l’Ia per completare i compiti
3d rendering humanoid robot with ai text in ciucuit pattern

L’intelligenza artificiale usata per fare i compiti a casa. Una ricerca di Noplagio.it, piattaforma anti-plagio e di verifica dell’IA, ha rivelato che quasi l’80% dei giovani compresi tra i 16 e i 18 anni utilizza regolarmente strumenti di IA come ChatGPT per svolgere compiti, rispondere ai test e scrivere temi.

L’indagine, condotta su 1007 studenti, ha evidenziato che il 60% degli intervistati ha utilizzato l’IA per completare i compiti, il 18% per rispondere a test, e il 13% per scrivere temi e saggi. Il 68% ha dichiarato che continuerà a utilizzare questi strumenti, con l’8% che lo fa quotidianamente e il 65% che vi ricorre diverse volte al mese o alla settimana.

Solo il 31% degli intervistati ritiene l’IA un’innovazine positiva

Nonostante la sua popolarità, l’IA non è priva di criticità. Il 64% degli studenti ritiene che, pur essendo un valido aiuto, l’utilizzo dell’IA dovrebbe essere controllato. Solo il 31% la considera un’innovazione positiva senza riserve. La fiducia nei contenuti generati dall’IA non è scontata: il 54% degli studenti consiglia di non fare completo affidamento su di essi, e il 18% addirittura di non fidarsi mai. Mentre il 41% degli studenti teme che l’IA possa influenzare o addirittura dominare l’opinione pubblica, con un 20% convinto che i governi debbano intervenire con restrizioni.

“La questione decisiva è il ruolo che vogliamo dare all’intelligenza artificiale perché se questa prende il sopravvento anche sui processi decisionali e identitari allora c’è davvero il rischio che non vengano rispettati i valori della persona ed è qui che si gioca il rapporto IA ed etica – afferma la dott.ssa Vera Tripodi, ricercatrice in etica della tecnologia al Politecnico di Torino – ci sono casi, come la giustizia penale in cui l’IA gioca un rulo importante in vari modi, per esempio per la valutazione del rischio sociale rispetto alla possibilità di un individuo di commettere un crimine, così come per determinare la possibilità di incarcerare una persona per periodo più o meno lunghi. Questi sistemi di IA hanno in diversi casi dimostrato di connotarsi in alcuni casi in modo discriminante nei confronti di persone già di per sé vulnerabili”.

“Ora l’IA mostra la sua forza bruta, ma in futuro credo che ci mostrerà anche altri aspetti – sottolinea la ricercatrice -. E credo potrà aiutarci anche nella gestione delle nostre risorse. Attendo però rassicurazioni sulla sostenibilità di certe attività. Parliamo di nuova società, ma se da un lato non dobbiamo farci guidare dalle nostre paure, dobbiamo farci guidare dai nostri diritti. Le regole non servono quando le cose vanno bene, ma sono fondamentali quando si mettono male”.

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