Papa Francesco agli universitari: "Il tempo di studio non è un diritto, ma un privilegio"

Ieri, Papa Francesco, ha visitato la Pontificia Universidad Católica del Ecuador, circa 30 mila iscritti. Agli studenti e ai professori intervenuti, il pontefice ha voluto porre una serie di quesiti per capire quanto l’educazione superiore riesca consapevolmente a creare menti critiche, capaci di comprendere i reali valori di cui si compone la variegata realtà del mondo in cui viviamo. Ecco il discorso di Papa Francesco agli studenti ecuadoregni:

“Io vivo a Roma, d’inverno fa freddo, e a volte accade che vicino al Vaticano ci sia un anziano che muore di freddo. – esordisce con un aneddoto, Papa Francesco – Non è notizia per nessun giornale e per nessuna cronaca. Non è notizia. Però se la Borsa cala di due punti, questa è una notizia mondiale… “Dov’è tuo fratello” domanda Dio a Caino. Io lo domando a voi dell’università cattolica: dov’è tuo fratello?”.

“In questo contesto universitario sarebbe bello interrogarci sulla nostra educazione di fronte a questa terra che grida verso il cielo… Mi chiedo insieme con voi educatori: vegliate sui vostri studenti aiutandoli a sviluppare uno spirito critico, uno spirito libero, in grado di prendersi cura del mondo d’oggi? Uno spirito che sia in grado di trovare nuove risposte alle molte sfide che la società ci presenta? Siete in grado di incoraggiarli a non ignorare la realtà che li circonda? Devono uscire dalle aule”.

“Come entra nei diversi programmi universitari o nelle diverse aree di lavoro educativo la vita intorno a noi con le sue domande, i suoi interrogativi, le sue questioni? Come generiamo e accompagniamo il dibattito costruttivo, che nasce dal dialogo in vista di un mondo più umano?”.

“C’è una riflessione che ci coinvolge tutti: le famiglie, le scuole, i docenti: come possiamo aiutare i nostri giovani a non identificare il diploma universitario come un sinonimo di status più elevato, soldi, prestigio sociale. Non sono sinonimi! Come li aiutiamo a identificare questa preparazione come un segno di maggiore responsabilità per i problemi di oggi, rispetto alla cura dei più poveri, rispetto alla salvaguardia dell’ambiente”.

“Il tempo di studio non è un diritto, ma anche un privilegio – ha chiarito il pontefice – tanti amici, conoscenti o sconosciuti, vorrebbero un posto in questo luogo e per diverse circostanze non lo hanno avuto… In quale misura il nostro studio ci aiuta a solidarizzare con loro?”.

“Le comunità educative hanno un ruolo vitale, essenziale nella costruzione della cittadinanza e della cultura. Non basta fare le analisi, la descrizione della realtà; è necessario dar vita ad ambiti, a luoghi di ricerca vera e propria, a dibattiti che generino alternative ai problemi esistenti, specialmente oggi”.

“Di fronte alla globalizzazione del paradigma tecnocratico» ci «viene chiesto che con urgenza ci si affretti a pensare, a cercare, a discutere sulla nostra situazione attuale; su quale tipo di cultura vogliamo o pretendiamo non solo per noi ma per i nostri figli, per i nostri nipoti. Questa terra l’abbiamo ricevuta come eredità, come un dono, come un regalo. Faremmo bene a chiederci: come la vogliamo lasciare? Quali indicazioni vogliamo imprimere all’esistenza?”.

“Le iniziative individuali sono sempre buone e fondamentali – ha concluso Francesco – ma ci viene chiesto di fare un’ulteriore passo in avanti: ci incoraggiano a guardare la realtà in modo organico e non frammentario; a porci domande che includono tutti noi, perché non c’è diritto all’esclusione”.

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