Legge di Bilancio, settimana di sciopero contro la manovra economica

Da Nord a Sud i lavoratori dell’Istruzione, compresa univerità e ricerca incrociano le braccia per dire no a un provvedimento che accorpa le istituzioni scolastiche autonome e disattende le promesse elettorali su pensioni, precari e fisco

Settimana di mobilitazione nel mondo dell’istruzione e della ricerca. Flc Cgil e Uil scuola Rua hanno indetto lo sciopero generale regionale dei lavoratori della scuola, statale e paritaria, della formazione professionale, dell’università, degli enti di ricerca e dell’Afam: l’Alta formazione artistica e musicale, che comprende conservatori, scuole di danza e accademie delle belle arti. I lavoratori di scuola, università e ricerca protestano contro la prima legge di bilancio del governo Meloni che accorpa le istituzioni scolastiche autonome e disattende le promesse elettorali su pensioni, precari e fisco. Fino al 16 dicembre, nelle varie realtà territoriali i lavoratori aderenti ai due sindacati confederali che hanno proclamato la mobilitazione incroceranno le braccia.

Motivi della protesta

Per la scuola, è il contenuto l’articolo 99 del disegno di legge di Bilancio per il 2023 a tenere banco. Il ministero dell’Economia, approfittando del calo demografico che porterà gli alunni delle statali a ridursi di un milione e 300mila unità entro il 2034, taglierà 634 istituti scolastici autonomi. Cancellando dai rispettivi organici altrettanti dirigenti scolastici e Dsga (i Direttori dei servizi amministrativi), una volta conosciuti come segretari scolastici. Ma rendendo ancora più complessa la gestione di quelle scuole che gestiscono decine di plessi scolastici in più comuni. Perché il taglio delle scuole autonome si effettua smembrando gli istituti con meno alunni e accorpandone i plessi agli istituti del circondario. In altre parole, gli oltre 40mila plessi scolastici funzionanti in Italia oggi, probabilmente, resteranno tali. Ma andranno suddivisi tra un numero minore di istituti autonomi, facendone crescere la complessità di gestione. Già oggi esistono scuole con oltre 20 plessi in più comuni. E nei prossimi anni la situazione potrebbe peggiorare.

Autonomia differenziata

“Diciamo no a qualsiasi forma di precariato e di autonomia differenziata“, dichiarano i sindacati. Quest’ultima è una delle ragioni che porteranno in piazza i lavoratori della scuola e non solo. Il progetto di legge Calderoli-Tucciarelli intende pressare il pedale dell’acceleratore sull’autonomia differenziata, possibilità offerta dall’articolo 116 della Costituzione. I lavoratori della scuola temono che possa venire meno l’unitarietà del sistema nazionale d’istruzione per come lo conosciamo adesso. E che le regioni più povere debbano accontentarsi, come avviene per la sanità, di un sistema scolastico meno efficiente rispetto a quello delle regioni settentrionali. Il personale della scuola potrebbe passare alle dipendenze delle Regioni. La riforma prevede la definizione di livelli essenziali delle prestazioni (Lep) da garantire in tutte le regioni. Garantite le quali, per le regioni più “ricche” sarà possibile andare oltre lasciando indietro chi ha di meno. Saranno le stesse Regioni a presentare una proposta che percorra vie di maggiore autonomia. Sarà poi il governo a vagliarne i contenuti e a deliberare definitivamente sul tema.

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