Circa 14 milioni gli italiani che per motivo di studio o di lavoro si spostano ogni giorno al di fuori del proprio comune; di questi solo 2 milioni lo fanno in treno. La maggior parte preferisce l’auto soprattutto perché i convogli sono disagevoli, luridi e affollati. Il 70.2% dei pendolari italiani sceglie l’automobile per i propri spostamenti quotidiani. Ciò vuol dire che cinque giorni su sette quasi 10 milioni di persone salgono sulla propria auto – con un enorme spreco di risorse e relativo inquinamento – e si dirigono verso le città dove timbreranno il cartellino o dove seguiranno le lezioni. Questo spendendo in un anno quatto volte di più di quanto spenderebbero con il treno o l’autobus.
Il grado di insoddisfazione dei pendolari in Italia ha un picco molto alto. Il 94% si lamenta e protesta sui servizi principali quali: la puntualità, la pulizia, l’affollamento.
Ma il problema non finisce qui. Si evidenzia anche la registrazione di danni economici per il ritardo sul posto di lavoro, e la costrizione a prendere permessi e giorni di ferie per tamponare così l’ingresso ritardato in ufficio. Gli utenti il più delle volte sono costretti a subire la riduzione di stipendio o l’utilizzo di permessi non retribuiti, le contestazioni del datore di lavoro, la necessità di recuperare le ore perse, gli inconvenienti sul lavoro (ritardo o annullamento di appuntamenti, ritardo sull’apertura di un’attività commerciale), il ritardo a lezioni e ad esami, ma anche disagi negli impegni privati, stress, perdita di coincidenze.
Il disagio a cui sono sottoposti continuamente i pendolari investe diversi ambiti.
Da un punto di vista individuale, vi è la possibilità di accrescere un forte accumulo di stress cronico dovuto agli eccessivi stimoli avversi. Da un punto di vista relazionale e sociale, invece, il doversi alzare prima al mattino e il dover tornare tardi la sera comporta una maggiore stanchezza e una maggiore irritabilità, con inevitabili ricadute sulla quantità e qualità dei rapporti interpersonali a livello familiare, del partner e delle amicizie.
Dal punto di vista lavorativo, i frequenti ritardi e soppressioni comportano la necessità da parte dei pendolari lavoratori di richiedere un sempre crescente numero di ferie e permessi di lavoro, che non potranno poi essere presi in periodi di vacanze, con una diminuzione della gratificazione e del recupero delle risorse spese durante l’anno. Per i lavoratori, sopratutto i più giovani, che sono impegnati in periodi di prova o in contratti a tempo determinato, l’accumulare troppi ritardi o assenze può pesare negativamente sulla possibilità di essere assunti da parte delle aziende.
Ma le difficoltà aumentano ancora di più se si è un pendolare abbonato. In caso di ritardi non ci sono rimborsi – mentre per i prenotati al superare dei 25 minuti di ritardo è possibile richiedere un rimborso. Gli abbonati il più delle volte, quando le carrozze sono tutte assegnate a coloro che hanno prenotato, sono costretti a stare in piedi. Da ciò è evidente che vi sia una netta discriminazione tra pendolare abbonato e pendolare prenotato. Insomma, chi viaggia in treno in Italia ha meno diritti di chi viaggia in aereo, in quanto il regolamento europeo prevede che in caso di overbooking, ritardi o cancellazioni di voli, vi sia una serie di risarcimenti per il disagio subito. Al contrario, per gli utenti pendolari non sono previste forme di indennizzo.
FINIZIA AMITRANO
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