Io, due lauree e un biglietto per il Giappone: “In Italia solo corruzione ed egoismo”

due lauree

Ricercatori che vanno, ricercatori che tornano. La scelta, comunque, è sempre la stessa: lasciare l’Italia, scommettere su una possibilità all’estero. Ma com’è andata? C’è chi si è spostato fino a Parigi per un dottorato e chi è andato oltre, magari in Giappone per imparare una nuova lingua. E’ il caso di Chiara Gallese, due lauree, una in lingue orientali, l’altra in Giurisprudenza, ricercatrice in diritto commerciale giapponese, ma anche scrittrice e traduttrice. La sua esperienza nel Paese del Sol levante raccontata a CorriereUniv: “Dopo un po’ di tempo all’estero, tutte le brutture italiane diventano ancora più insopportabili”

 

Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a lasciare l’Italia?

Sono andata all’estero perché durante l’Università non ne avevo avuto possibilità, nonostante fosse prassi del dipartimento mandare gli studenti del terzo anno a sostenere un esame di lingua in Giappone. Ho voluto quindi recuperare e sono rimasta tre mesi a Tokyo, dove ho seguito un corso intensivo di giapponese intermedio. Volevo comunque anche rendermi conto di cosa significasse vivere soli in quel Paese e di quali opportunità lavorative potessero esserci. Ho cercato anche una scuola per mia figlia.

Come giudichi l’esperienza all’estero?

Chiara Gallese
Chiara Gallese

L’esperienza è stata fondamentale sotto molti punti di vista: ho imparato tutto ciò che riguarda aspetti organizzativi della vita all’estero (locazioni, visti, previdenza, contratti di lavoro, mezzi di trasporto, etc.); ho imparato meglio la lingua e ho messo in pratica ciò che avevo studiato; ho visto come ci si deve relazionare concretamente con persone molto diverse dal punto di vista culturale (sono stati scritti tantissimi saggi su questo aspetto del Giappone); infine mi sono resa conto di come sono organizzate le comunità europee all’estero (francese e italiane).

Cosa è cambiato una volta tornata?

La mia percezione dell’Italia e degli italiani è molto cambiata. Innanzitutto ho capito che gli italiani non sono più come quelli che emigravano in America per avere un futuro migliore. Salvo rare eccezioni di professionisti specializzati, gli italiani che emigrano in Giappone sono persone individualiste e competitive, e non creano, a differenza degli altri europei, una rete di salvataggio per aiutare i connazionali in difficoltà: anzi, li vedono come dei concorrenti, poiché lì la vita è molo difficile.

Qual è il tuo giudizio sull’Italia, adesso?

Ora ho capito che l’Italia è piena di problemi proprio perché è composta da individui egoisti, che non pensano affatto al bene comune: arraffano tutto ciò che possono e non si curano delle conseguenze per la collettività. Manca totalmente il senso civico. La corruzione, il malfunzionamento delle infrastrutture, la spazzatura per le strade, le opere pubbliche lasciate a metà, la cultura mafiosa e il nepotismo (anche nel nostro Parlamento, ma soprattutto nella vita di tutti i giorni) risaltano maggiormente insopportabili dopo essere rimasti all’estero per qualche tempo.

 

Leggi anche: Dieci anni in Ateneo per la doppia laurea: “Ma ora sono troppo vecchia per lavorare”

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