Fagnani una belva senza rabbia, Fedez contagiato dal virus dell’egocentrismo: le pagelle alla seconda serata del Festival

I voti di CorriereUniv alla seconda serata di Sanremo: Amadeus respinge le critiche di Salvini ma serviva più coraggio. La giornalista Fagnani dimostra che sul palco dell’Ariston non è obbligatorio parlare solo di se stessi. “Spash” di Colapesce e Dimartino inno dei fuorisede.

Amadeus: 6+

Il normalizzatore del Festival, autodefinitosi “un’acqua cheta”, stacca per un momento l’opzione del pilota automatico alla conduzione e risponde per le rime al ministro Salvini che aveva attaccato la scelta di parlare di Costituzione (sai che affronto!) a Sanremo. “Se non gli piace il Festival, basta non guardarlo” lo ha picconato Amadeus con una certa dose (forse inaspettata) di coraggio. Peccato averlo detto solo in sala stampa e non, magari, con un breve monologo davanti a milioni di spettatori. Magari ci proverà l’anno prossimo. Non perdiamo la speranza.

Francesca Fagnani: 7

Tutti si aspettavano una belva ma sul palco dell’Ariston arriva una giornalista che con eleganza e sobrietà dimostra che non è poi così difficile uscire dallo stereotipo della valletta scollacciata e sorridente che deve solo annunciare i cantanti in gara. Il suo monologo su scuola, educazione e carceri è un bicchiere di acqua fresca dopo la camomilla soporifera della Ferragni. Sognatrice.

Fedez: 5

Il virus dell’egocentrismo deve aleggiare indisturbato dalle parti di casa Ferragnez visto che anche lui concentra la parte più importante del suo contributo sanremese a togliersi qualche sassolino dalle scarpe. La polemica (infinita) con il Codacons, le critiche alle sue lacrime quando parlò con del tumore. Prova a spostare per un attimo la fotocamera da selfie dalla sua faccia difendendo Rosa Chemical e attaccando il viceministro Bignami facendo vedere a milioni di telespettatori la foto di quando (durante un addio al celibato) il politico bolognese si travestì da Hitler. Immagine, a dir la verità, piuttosto datata come le scuse che lo stesso viceministro presentò anni fa quando scoppiò il caso. Magari leggere un po’ più di giornali?

Colapesce e Dimartino: 8

Dal palco dove tutti per tradizione parlano di amore e miele, loro cantano una canzone che parla di insopportabilità: “Ma io lavoro per non stare con te” si candida a diventare l’antitesi di molte canzoni sugli eterni ritorni amorosi intonati sul palco dell’Ariston. “Preferisco il rumore delle metro affollate a quello del mare”, invece, è il manifesto di tutti gli studenti fuorisede che scappano dalle proprie minuscole cittadine non per necessità ma per il legittimo desiderio di ambire a qualcosa di meglio. Onesti e rivoluzionari.

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