Università di Siena, dal riccio della castagna un nuovo antibatterico: la scoperta

La scoperta è di un team di ricerca, coordinato da Annalisa Santucci, docente ordinaria di biochimica, e potrebbe aiutare nel potenziamento sull’azione di molti antibiotici esistenti.

Un antibatterico dal riccio della castagna: è la scoperta del team dell’Università di Siena coordinato da Annalisa Santucci, docente ordinaria di biochimica. Recuperare materiali naturali di scarto e usarli a scopo farmaceutico. Si muove in questa direzione il nuovo brevetto dell’Ateneo toscano. Un estratto prezioso da quei gusci che sono comunemente un prodotto d’avanzo nell’industria alimentare. Ma che ora, in un’ottica sostenibile, potrebbero essere utili a nuovi scopi. L’innovazione, che rientra quindi nel campo della bioeconomia, sarà presentata oggi 18 novembre al Toscana Inventors Day. Un salone espositivo virtuale, promosso dalla Regione, che dà visibilità ai brevetti delle università toscana e permette l’incontro tra inventori e imprese.  Un’occasione per mettere in luce nuovi sviluppi tecnologici e scientifici e attrarre potenziali investimenti.

“Abbiamo identificato nuove attività antibatteriche da un estratto naturale di uno scarto: il riccio della castagna – spiega Santucci -. La stessa pandemia Covid mostra come l’umanità sia fortemente aggredibile dai patogeni. Per i batteri c’è un problema farmacologico e terapeutico, l’antibiotico resistenza“. La scoperta è particolarmente importante proprio in questa sfida: il nuovo antibiotico naturale, se combinato con altri convenzionali potrebbe aiutare infatti a potenziare gli effetti di farmaci già esistenti o anche permettere in alcuni casi il superamento dell’antibiotico resistenza.

Gli studiosi hanno lavorato sui ricci di tre varietà di castagna (la “Castanea sativa”) e scoperto che grazie a un particolare processo di recupero e trattamento si può ottenere un estratto idroalcolico contenente l’attività antibatterica (nello specifico nei confronti di batteri Gram positivi e Gram negativi). Sono sufficienti quantità minime di materiale vegetale, spiegano dall’università, per avere l’estratto. Dai gusci, scarti di lavorazione, si ottiene in questo modo una componente potenzialmente utile in molteplici campi: la conservazione alimentare, il settore farmaceutico, la sterilizzazione di materiali usati per i packaging.

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