Organico covid, l’allarme dei presidi: “Senza fondi si rischiano disservizi”

A fine marzo scadono i contratti ma sulla proroga inserita in legge di Bilancio c’è l’incognita fondi.

A partire da aprile non sarà prorogato lo stato di emergenza, con esso si rischia il blocco di tutte quelle iniziative come l’organico covid per le scuole. I nuovi posti hanno assicurato in questi mesi la tenuta del sistema scolastico nazionale.

Presidi in allarme sul post emergenza

Anche nel mondo della scuola c’è chi finalmente potrà tornare a respirare, dopo mesi passati tra intoppi organizzativi e lezioni sospese, ma c’è anche chi teme per il proprio posto di lavoro. Perché alla fine dello Stato d’emergenza sono legati i contratti per il personale aggiuntivo nelle scuole: il cosiddetto organico Covid, ovvero docenti e figure tecnico-amministrative aggiuntive, ingaggiate per far fronte agli effetti negativi della pandemia sulla didattica e sulla vita scolastica.

Anche se, infatti, le due situazioni non sono strettamente vincolate, certo è che, con la cessazione dell’emergenza, per garantire il mantenimento del posto di lavoro al personale aggiuntivo, almeno fino a giugno, il Governo dovrà stanziare altre risorse. Una problematica che ha già messo in allarme i dirigenti scolastici, preoccupati, a poco più di due mesi dal termine delle lezioni, di dover mettere mano per l’ennesima volta all’organizzazione interna dei loro istituti

Organico covid

Un timore condiviso anche da Cristina Costarelli, Preside del Liceo “Newton” di Roma e Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio che ha ribadito come la mancata proroga dello stato di emergenza aggraverebbe di un problema in più una situazione, come quella delle scuole, già di per sé non semplice. Questo essenzialmente per due motivi: “La prima incognita – dice la dirigente scolastica – è legata all’organico Covid. Questo personale, composto da ATA, collaboratori scolastici, tecnici di laboratorio e docenti non ha garanzia che il contratto gli venga prorogato. Questa è una grande preoccupazione perché concretamente significa che ogni scuola rischia di perdere in media otto o nove collaboratori scolastici e altrettanti docenti di supporto in svariate, numerose e utilissime forme: come la sostituzione di docenti assenti e attività di recupero e potenziamento”.


Importante, però, è anche il ruolo dei collaboratori scolastici, il cuore pulsante degli istituti scolastici: “I collaboratori sono altrettanto necessari per l’apertura delle scuole, la pulizia, igienizzazione: tutte attività che non scompariranno con la fine dello Stato d’Emergenza”. Ma soprattutto, ed è questo il fulcro del primo punto lamentato dalla preside, il rischio è di creare nuovo caos nelle scuole che “ormai si sono organizzate contando su questo personale”.

Doppi turni a rischio

Ma lo stop allo stato di emergenza potrebbe comportare altri cambiamenti improvvisi e difficili da gestire. Un altro aspetto che preoccupa non poco i dirigenti scolastici, infatti, è quello legato all’ingresso a scuola degli studenti, a scaglioni orari, necessari per evitare assembramenti: “Da agosto dello scorso anno – prosegue Costarelli – i presidi hanno chiesto che si andasse verso un solo scaglione, ma questo non è avvenuto. Nel Lazio, ad esempio, tutti si sono orientati con ordinanze prefettizie che prevedevano due scaglioni orari. Immaginare che da aprile gli scaglioni vengano eliminati, vorrebbe dire dover rifare l’intero orario scolastico. Per meno di due mesi di lezione. Uno sforzo organizzativo che le scuole non riescono più a sostenere”.

Alcune voci informali dicono che una soluzione potrebbe essere quella di lasciare piena libertà alle scuole, ma ciò non convince la Presidente Costarelli: “Anche questo ci preoccupa, perché poi una diversa organizzazione tra le scuole potrebbe creare delle difformità. Quelle che riuscissero in qualche modo a portare tutti su unico turno verrebbero viste come le scuole più efficaci, mentre quelle che non hanno le condizioni per poterlo fare sarebbero viste come meno propense al cambiamento”. La richiesta dei presidi è, pertanto, semplice: “L’auspicio è che tutto rimanga così anche perché, tra Pasqua e altre festività, alla fine si tratta di poco più di un mese di scuola”, conclude la preside del Newton.

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