Un bollettino da 160 euro: benvenuti nella giungla delle tasse universitarie. “Un giro d’affari da 14 milioni di euro”

TASSE UNIVERSITARIE – C’è chi paga 160 euro e chi ne sborsa solo 20: benvenuti nella giungla delle tasse per i test di ammissione alle facoltà a numero chiuso italiane. Con il passare degli anni la media è aumentata costantemente: gli studenti, così, sono costretti a versare soldi alle Università praticamente a fondo perduto, senza avere la certezza di entrare.

Quello dei bollettini è un business enorme, che non sempre risulta chiaro nei suoi meccanismi. Più volte il Corriere dell’Università ha denunciato quest’anno l’aumento dei prezzi, come nel caso di Genova, dove apparetemente senza motivio il costo del bollettino per iscriversi al test d’ingresso è passato da 30 a 50 euro. Solo per l’Ateneo ligure, secondo un calcolo realizzato dal Corriere dell’Università, si arriva a un giro da 200.000 euro per l’organizzazione dei test d’ingresso.

E non sempre le cose vanno come devono andare: non è un caso se le società esterne a cui viene affidata l’organizzazione dei test vadano in tilt, come accaduto ad esempio a Messina, dove il test è stato prima annullato e poi riconvalidato. La colpa? “E’ stata tutto causato da un errore della ditta nella stampa dei documenti anagrafici” – ha dichiarato l’Ateneo, polemico.

Fatto sta che le Università italiane godono di un’ampia autonomia nel decidere le tassse per l’iscrizione ai test. In certi casi, addirittura, le differenze sono notevoli all’interno dello stesso Ateneo. Prendiamo il caso del San Raffaele: il test per Medicina costa 160 euro, ma si scende a 110 per Professioni Sanitarie. L’Università meno costosa? E’ quella di Cosenza, dove per iscriversi al test in Scienze della Formazione si pagano appena 20 euro.

Un settore che è arrivato a far incassare negli ultimi mesi più di 14 milioni di euro agli Atenei italiani – scrive il Sole 24 Ore -. Un giro d’affari spinto soprattutto dalle lauree in area medica (oltre 11,5 milioni di euro ndr).

“È una differenza sicuramente legata al periodo attuale di crisi che porta gli Atenei a cercare risorse dove possono per fare cassa”, spiega al quotidiano di Confindustria Eugenio Gaudio, presidente della Conferenza dei presidi delle facoltà di medicina. “Oggettivamente però – aggiunge – la cifra ragionevolmente corretta è tra 50 e 60 euro, massimo 70, anche perché si tratta praticamente solo di università pubbliche. Le private probabilmente rincarano le quote, anche perché ricevono meno risorse da parte dello Stato”.

I presidi chiedono con forza alle Università private di uniformare date e contenuti dei test: “Abbiamo chiesto che si converga tutti sullo stesso giorno – spiega Gaudio – perché tutti gli studenti devono essere nelle stesse condizioni e con pari opportunità: a Roma uno studente può fare il test negli Atenei pubblici e poi anche alla Cattolica e al Campus biomedico; lo studente di Cagliari ha una sola possibilità”. E anche perché alla fine lo studente di Roma potrebbe aver speso oltre 300 euro di test di ammissione contro i 21 di quello di Cagliari, senza per questo avere certezze sull’ammissione.

Ma, nella giungla dei test, c’è anche chi le tasse non le ha aumentate, anzi: Verona e Tor Vergata, per esempio, hanno addirittura dimezzato i bollettini per le lauree in area medica, passando da 100 a 50 euro e da 70 a 35. Eppure, sembrano l’eccezione in un settore che pare sempre più senza regole.

RN

 

 

 

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