Razzismo sul web causa depressione

depressione.jpg“Occhio al social networking”. Il monito arriva da una ricerca condotta dall’Università dell’Illinois (Usa): i giovani che intrattengono relazioni interpersonali a distanza non hanno sufficienti mezzi per difendersi da eventuali discriminazioni e, se colpiti nell’intimo, cadono più facilmente in depressione o in preda all’ansia.
Fra social network, chat, forum e programmi di instant messaging, si stanno moltiplicando sul web i sistemi per mettersi in comunicazione con persone amiche o sconosciute, per fini di svago o di lavoro. Con il vantaggio di intrattenere relazioni interpersonali anche a distanza, ma anche col rischio di cadere vittima di discriminazione. Soprattutto sulla base della propria etnia, dato che questi siti offrono la possibilità di pubblicare foto e video personali.
Sperimentare a proprie spese il razzismo su Internet può causare vere e proprie malattie come la depressione e l’ansia. Sul ‘Journal of Adolescent Health’ Brendesha Tynes, docente di psicologia educazionale e di studi afro-americani all’ateneo del Midwest americano, scrive che con l’aumento dell’uso della Rete da parte dei teenager – il 93% dei quali ha accesso a Internet – si dovrebbe porre una maggiore attenzione nei confronti della “vittimizzazione online”, non solo come problema di sicurezza, ma anche di salute pubblica.
L’esperta ha infatti rilevato che il 71% degli adolescenti afro-americani, così come il 73% dei bianchi e il 67% di quelli appartenenti ad altre etnie, sperimenta discriminazioni razziste indirette. Mentre il 29% dei ragazzini di colore, il 20% dei bianchi e il 42% degli altri teenager deve fare i conti con vere e proprie vessazioni dirette, a causa del colore della pelle, mentre è online.
Con l’aumentare dell’esposizione al web e di conseguenza al razzismo – fa notare la studiosa – cresce proporzionalmente la depressione e l’ansia provata dai giovani, con le femmine più a rischio dei maschi. «Non è certo possibile monitorare tutto il web – precisa Tynes – ma occorre parlare di più di questo problema, per infondere ai ragazzi sicurezza e orgoglio per la loro identità razziale».

Manuel Massimo

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