Il nuovo governo deve ancora formarsi, il totoministri impazza ma c’è già chi si appella al buon senso del prossimo inquilino di Piazzale Kennedy, successore di Fabio Mussi. Si tratta di Giovanni Puglisi, rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione Iulm di Milano che spera nella piena attuazione della riforma universitaria: “Il mondo accademico italiano ha bisogno di un po’ di pace e di tranquillità: il ministro che verrà dovrebbe lasciare che gli effetti delle riforme introdotte dal suo predecessore abbiano il tempo di dispiegarsi, senza cambiare tutto di nuovo. Cerchiamo di dare un po’ di requie al sistema, per almeno tre anni, poi al nuovo ministro ne resteranno due per fare la rivoluzione. Lasciamo che si espletino gli effetti della riforma Mussi”.
Senza contare che i cambiamenti troppo frequenti “recano un danno all’utente, perché l’Università ha l’obbligo di adeguamento informativo, ma lo studente ha diritto di conservare l’ordinamento vigente al momento dell’iscrizione”.
Sull’idea dell’accorpamento tra ministeri, poi, la posizione di Puglisi è netta: “Una cosa è se riaccorpano Istruzione, Università e Ricerca, ben altra cosa è mettere insieme Beni Culutrali, Ricerca e Università. Sono due accorpamenti entrambi possibili: il primo lo abbiamo già visto e ampiamente superato, perché si è dimostrato che sostanzialmente nei fatti non tiene. L’altra opzione potrebbe avere più ragion d’essere, perché oggi i Beni Culturali e la Ricerca costituirebbero un intreccio nuovo, che se fossi ministro sperimenterei”.
Reclutamento docenti. Secondo Puglisi, occorre “mettere un punto serio per un reclutamento di qualità. Il che significa mettere un punto vero ai meccanismi idoneativi: non sta scritto da nessuna parte che quando si entra nell’Università bisogna starci fino alla tomba. E questo vale per i giovani e per i meno giovani: le verifiche si devono fare per tutti e regolarmente”.
Produzione scientifica. “Ormai le Università si vanno attrezzando su questo: per esempio ho avviato nel mio ateneo un meccanismo di valutazione annuale di produzione scientifica, che divide i ricercatori in attivi e non attivi. Quelli attivi raggiungono un certo standard e hanno i diritti di ottenere tutti i benefici previsti, ma chi non raggiunge quello standard minimo non ha diritto a niente”.
Più risorse alla ricerca. “Le nozze non si fanno con i fichi secchi – prosegue Puglisi – la ricerca non può funzionare con i tagli che oggi vengono imposti come se fossimo al mercato ortofrutticolo. Un paese che vuole essere alla pari dei concorrenti deve decidere: non si può privilegiare il contratto degli autotrasportatori rispetto a quello della ricerca universitaria, come è accaduto con l’ultima Finanziaria”.