Ottimo lo Spallanzani sul coronavirus. Ma ora investiamo di più sulla ricerca. Parla Lorenzin

<Coronavirus? I risultati dell’Italia sono all’avanguardia nel mondo, ma per poter gestire situazioni come questa non possiamo muoverci solo in condizioni di emergenza: occorre programmazione. Conversazione con Beatrice Lorenzin, già ministra della Salute e ora deputata della Repubblica.
Due traguardi per l’Italia di oggi: l’aver isolato e sequenziato il temuto coronavirus e il lavoro sul test di diagnosi rapida per i pazienti che potrebbero averlo contratto. “Questo fa capire quanto il sistema Italia sia forte nel campo della virologia e quanto l’Ospedale Spallanzani sia un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, il punto di riferimento europeo per la virologia e il biocontenimento”, spiega Beatrice Lorenzin, già ministra della Salute e ora deputata  raggiunta telefonicamente da Formiche.net, che sottolinea l’importanza della ricerca e del suo finanziamento, così come le scelte sui temi di prevenzione vaccinale che ora vengono presi ad esempio in tutto il mondo.
Oggi all’Istituto Spallanzani è stato isolato il “corona virus”. Cosa ci dice del sistema della ricerca italiana?
È stato isolato e sequenziato. Tra l’altro arriva a pochi giorni da altre due scoperte importanti sempre avvenute in Italia. Il Campus biomedico ha identificato i recettori polmonari del virus e ha compiuto la prima analisi filogenetica del virus. A Padova, invece, stanno lavorando sul primo test per la diagnosi rapida. Questo fa capire quanto il sistema Italia sia forte nel campo della virologia e quanto l’Ospedale Spallanzani sia un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, il punto di riferimento europeo per la virologia e il biocontenimento. Ricordo che noi abbiamo gestito allo Spallanzani due casi di ebola di importazione, i pazienti sono stati curati e sono guariti senza che ci siano stati episodi di contagio. Insomma dobbiamo essere orgogliosi dell’Italia. A tal proposito aggiungo che il ruolo dell’Italia nell’Oms deve essere valorizzato e sostenuto dal sistema Italia perché è un ruolo forte e determinante.
Come migliora, dopo questa scoperta, il contrasto alla malattia?
Moltissimo, perché ora saremo in grado di avere una comprensione maggiore del comportamento della malattia in merito agli aspetti legati al contagio e all’incubazione. Il che dà una mano importante nel capire come gestire le fasi di quarantena, in seconda battuta si accelera il percorso per avere un vaccino ad hoc per il coronavirus.
Cosa ci dice questa scoperta dello stato della ricerca in Italia?
La ricerca in Italia è poco finanziata. In queste ore nel milleproroghe abbiamo due emendamenti che riguardano lo Spallanzani, uno dei quali per terminare la realizzazione dell’area di biocontenimento dell’ospedale, un progetto iniziato circa dieci anni fa. Noi dobbiamo capire che per poter gestire situazioni come queste non possiamo muoverci solo in condizioni di emergenza, anzi le emergenze si riescono a fronteggiare solo se c’è programmazione, se abbiamo un sistema sano continuamente sostenuto e alimentato.
Ci fa un esempio?
Parlo non solo delle strutture ma anche dei ricercatori. L’Irccs ha potuto usufruire della “piramide del ricercatore”, un provvedimento che ho curato io, e che quest’anno ha portato alla stabilizzazione di 1660 nuovi ricercatori. Abbiamo una sfida molto importante sul valore che vogliamo dare ai nostri ricercatori, sia dal punto di vista professionale che economico, perché altrimenti sono costretti a lasciare il nostro Paese. Ricordiamo che ogni euro investito in ricerca ne porta 140 in valore. Questo è un tipo di priorità che nel nostro paese facciamo molta fatica a comprendere. Così come facciamo fatica a far comprendere che finanziare istituti che si occupano di virologia e dell’individuazione di nuovi vaccini è un elemento di grande sicurezza sanitaria per il nostro Paese ma anche una ricchezza economica che fa dell’Italia una punta avanzata a livello globale. Oggi festeggiamo, ma continuiamo anche nei prossimi giorni sostenendo i finanziamenti a favore della ricerca. Noi chiediamo il massimo ai ricercatori ma dobbiamo renderci conto che dobbiamo sostenerli in un progetto avanzato costante nel tempo. E capire che spese che a volte ci sembrano superflue sono fondamentali, le spese in sanità poi portano risultati al momento del bisogno. Le faccio un esempio.
Mi dica…
Negli anni ho sentito ad esempio critiche che dichiaravano l’inutilità dei canali sanitari di biocontenimento negli aeroporti di Fiumicino e Malpensa. Ecco quei canali non sono un costo, perché quando servono fanno la differenza tra subire un contagio di massa e prevenirlo. L’investimento sulla ricerca e sulla salute sono investimenti sul futuro.
Quanto è importante la copertura vaccinale di una comunità per prevenire fenomeni come questo?
La copertura vaccinale di una comunità è il primo indice di messa in sicurezza della popolazione. Vaccinare è importantissimo, anche la vaccinazione anti influenzale. Ricordiamo che anche quest’anno sono morte circa 1500 persone di influenza non vaccinate ed è importantissimo mantenere alti i trend vaccinali e fare cultura della vaccinazione. Noi abbiamo avuto tante critiche dai No Vax per l’imposizione dell’obbligatorietà, oggi però tutto il mondo ci sta copiando.
Con la grande paura del coronavirus cambia, secondo lei, l’atteggiamento nei confronti dei vaccini?
Sì, se lo ricordiamo costantemente. Noi abbiamo la memoria breve, andiamo nel panico quando abbiamo un rischio immediato ma se questa attenzione non viene coltivata la cultura della vaccinazione non riuscirà mai a imporsi. Dopo un po’ ci dimentichiamo del pericolo per poi ricordarcene alla prossima emergenza. In un mondo globale, in cui i virus proliferano e viaggiano in aeroplano e dobbiamo alimentare e tenere alta la cultura della vaccinazione. A livello globale sono due i fattori di allert: i grandi virus per cui servono nuovi vaccini e la resistenza agli antibiotici per cui sicuramente le vaccinazioni potranno essere parte della soluzione dal punto di vista della prevenzione della causa dell’infezione.
In questi giorni abbiamo visto una collaborazione internazionale per provare a trovare una soluzione al propagarsi della malattia che potenzialmente minacciava tutto il mondo, un esempio di collaborazione globale. Secondo lei il campo della ricerca scientifica, o se vogliamo della diplomazia sanitaria, può essere uno strumento per appianare le controversie e la conflittualità internazionali?
Mi ha fatto una bellissima domanda. In realtà la salute e la scienza come sistema aperto di comunicazione sono uno dei veicoli di pace più forte che ci sono al mondo. Lavorare insieme nei sistemi sanitari, condividere la ricerca, l’innovazione, lo sviluppo in questa rete di collaborazione che esiste tra gli scienziati e i ricercatori di tutto il mondo è un veicolo di pace incredibile perché si parla tutti la stessa lingua a prescindere dall’etnia, la religione, le convinzioni politiche e si lavora tutti per lo stesso obiettivo: guarire le persone. La salute è anche un sistema di peacekeeping, io l’ho visto moltissimo girando nei miei 5 anni da ministro anche in paesi difficili. Tutti chiedevano all’Italia di aiutarli a implementare i loro sistemi sanitari , di aiutarli a formare i loro medici, e tante volte sono stati aiutati sul campo nel trattamento dei pazienti. Quando arriviamo con le nostre strutture e anche con le nostre ong curando bambini e persone guadagniamo un passaporto di pace, parliamo un linguaggio che viene accettato con grande calore dalle popolazioni anche in contesti difficili. L’Italia, che ha un Ssn universalistico, dovrebbe capire che anche questo è Made in Italy proprio come l’agrifood o le auto e la moda.
Il team che ha sequenziato il virus è composto quasi esclusivamente al femminile Ancora una volta una conferma che la ricerca è donna?
Assolutamente sì, se lei entra nei team dei laboratori di ricerca vedrà che c’è una preponderanza femminile, è un dato di fatto. Quindi diciamo che la ricerca biomedica è donna, la creatività e la capacità femminile viene tutta fuori in questo settore.
Come dovremo affrontare le prossime settimane, quelle in cui verosimilmente ci sarà il picco dei contagi in Cina?
Con sangue freddo e senza strumentalizzazioni politiche. Il Ssn è in grado di mettere in atto tutte le misure necessarie per contrastare il propagarsi del virus e qualora ci dovessero essere altre persone infette siamo in grado di trattarle al massimo livello e auspicabilmente di guarirle. Queste convinzioni devono farci vivere questa fase con la massima precauzione ma senza perdere la calma. E poi lancio un appello, se qualcuno dovesse avere sintomi influenzali e ha paura di aver contratto il coronavirus non deve andare da solo al pronto soccorso ma chiami il numero verde del Ministero della Salute, il 1500 che manderà a casa lo staff medico idoneo. Non andare da soli in ospedale aiuta ad abbassare il rischio contagio.

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