“E’ normale che chiunque sia in commissione si senta responsabile di ascoltare quella che è l’opinione generale della corporazione, della comunità accademica, per formare al meglio il proprio giudizio. Poi, è chiaro che ciascuno deve scegliere da solo e può fare quello che vuole. Mi sembra normale, anzi giusto, che nella formazione del giudizio concorra l’intera comunità”. A parlare è Francesco Pizzetti, ordinario di diritto costituzionale e presidente dell’Autorithy per la privacy fino al 2012, indagato a Bari nella maxi inchiesta condotta dalla Procura su concorsi universitari per docenti e associati. Il professore è accusato di aver fatto pressioni ripetute e insistenti perché suo figlio Federico vincesse un concorso ordinario all’Università Europea di Roma.
In un’intervista a Repubblica, Pizzetti si difende: “Le telefonate? Di questa inchiesta non so nulla. Non ho ancora ricevuto un atto formare. Quando i magistrati mi chiameranno, se lo faranno, sono pronto a spiegare che non ho mai raccomandato mio figlio e, soprattutto, non sono stato neanche bravo: mio figlio non ha vinto né il concorso di Roma né altri ai quali aveva partecipato. Vuol dire che non ero una grande potenza”.
Negli atti sotto osservazione dalla Procura, però, ci sono decine di sue conversazioni, del tipo “E’ un secolo che ci conosciamo, sappiamo che quando abbiamo preso gli impegni non li abbiamo mai fatti mancare…” – raccontava al professor Giuseppe Ferrari, componente della commissione che avrebbe valutato suo figlio. “Il capo di quella commissione – precisa Pizzetti – era il professor Lombardi, che poi durante il concorso è tragicamente scomparso. Lombardi era il maestro di mio figli, che molto prima del concorso aveva pubblicato per lui. Io non potevo né dare, né promettere niente. Il mio ultimo impegno in un concorso è stato nel 1996, poi nel 2005 è cominciato il mio impegno all’Autorità”.
Prima di concludere, però, Pizzetti ci tiene a precisare una cosa: “Certo, le chiacchiere si facevano perché la corporazione, quando ci sono i concorsi, ne parla.. Ma parlare con una persona non significa alterare l’intera prova. Esiste una commissione della quale fanno parte intelligenze e storie di primissimo livello. Per dire che i concorsi sono truccati, mi sembra che ci voglia altro”.
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