Editoriale a cura di Ateneiinrivolta.org
Ci eravamo lasciati a luglio descrivendo come “anomala” la chiusura dell’anno accademico alla Sapienza come in tutti gli atenei italiani, con assemblee gremite di studenti e ricercatori, occupazioni dei rettorati, esami in piazza e di notte.
Torniamo dalle vacanze e già a partire da agosto vediamo riprendere con forza la mobilitazione dei precari della scuola, colpiti duramente dai tagli ai fondi e all’organico: sono decine di migliaia infatti i docenti precari che quest’anno rimarranno senza cattedra in Italia.
La Flc-Cgil ha calcolato che nel solo Lazio nel biennio 2009-2010 il ministro dell’istruzione Gelmini ha tagliato circa 6.000 docenti e oltre 2.600 collaboratori scolastici.
Per queste ragioni la reazione dei precari non si è fatta attendere e la protesta è subito ripresa con un presidio permanente, in corso da oltre due settimane, davanti a Montecitorio, con contestazioni diffuse nei provveditorati nei giorni di assegnazione delle cattedre e con forme di protesta più eclatanti come lo sciopero della fame di alcuni precari di Palermo.
La situazione non è di certo più rosea per gli studenti che stanno per cominciare il nuovo anno scolastico: i tagli della Gelmini, oltre ad una drastica riduzione dell’organico, hanno prodotto la chiusura di centinaia di scuole con un conseguente sovraffollamento delle classi. Il risultato è che le scuole stanno riaprendo con classi frequentate da oltre 30 studenti (in molti casi si superano addirittura le 35 unità) con un evidente problema di dequalificazione dell’insegnamento e di vivibilità degli spazi scolastici.
Ma non sono solamente i precari della scuola a rivoltarsi contro la Gelmini. In tutti gli atenei italiani, già a partire da luglio, i ricercatori hanno dichiarato che si sarebbero sottratti da ogni incarico didattico a partire dall’inizio del nuovo anno accademico. E’ ormai noto infatti che i ricercatori per contratto vengono retribuiti esclusivamente per l’attività di ricerca svolta, mentre gli insegnamenti da loro stessi tenuti sono da considerarsi puro volontariato. Con questo sistema l’università è andata avanti per anni, non assumendo docenti e destinando cattedre a ricercatori di fatto non pagati per il loro lavoro.
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