La crisi di Governo mette a rischio anche la riforma sul reclutamento dei docenti: “Mancano i decreti attuativi”

Le dimissioni (per ora respinte dal Presidente della Repubblica) del premier Mario Draghi rischiano di avere pesanti ripercussioni anche sul mondo della scuola. A cominciare dalla contestata riforma sul reclutamento dei prof che potrebbe restare impantanata in Parlamento. A lanciare l’allarme è il sindacato Anief.

Se salta il Governo potrebbe saltare anche la contestata riforma sul reclutamento dei docenti: è quanto sostiene Anief, l’Associazione nazionale insegnanti e formatori, secondo cui lee dimissioni del premier Mario Draghi (per ora rifiutate dal Capo dello Stato) pongono seri dubbi sul proseguo della riforma del reclutamento dei docenti italiani. “Dopo l’approvazione parlamentare, a fine giugno, della legge 79/2022 che ha riformato modalità di assunzioni e formazione del corpo insegnante italiano, servono infatti ben 14 decreti attuativi – dicono – Il primo dei quali dovrà essere prodotto dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e pubblicato entro prossimo 31 luglio”.

Si tratta del percorso dei 60 Cfu, di cui almeno 10 di area pedagogica, comprendente attività di tirocinio diretto e indiretto non inferiore a 20 CFU/CFA. ‘”Come sindacato stiamo alla finestra, decisamente interessati al destino del Governo Draghi – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – visto che ci sono tanti aspetti della riforma approvata, collegata al Pnrr, che non fanno il bene della scuola e dei suoi insegnanti. Prima di tutto perché la formazione dei lavoratori va fatta in orario di servizio e garantita a tutti, compresi i precari, per i quali abbiamo appena vinto la battaglia sulla Carta Docenti in Corte di Giustizia europea e a seguito della quale invitiamo tutti a presentare ricorso al tribunale a seguito dell’Ordinanza di alcuni giorni fa”.

“Ma ci sono anche diverse altre parti della riforma che non reggono: nella parte del reclutamento si allunga ad esempio in modo illogico la procedura, rendendola ancora più burocratizzata. Per non parlare dell’esclusione anche su questo versante dei precari, ancora una volta estromessi dai processi di stabilizzazione andando così ad eludere le indicazioni dell’Unione europea. Lo stesso organismo, è paradossale, che si accinge a versare all’Italia oltre 15 miliardi di euro per rinforzare l’Istruzione. Quello che viene da chiedersi – conclude Pacifico – è perché sulla riforma della scuola e Pnrr nessun partito
italiano ha fatto le barricate contro il Governo: perché tutti, o quasi, hanno praticamente votato la fiducia?”.

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