I risultati dei test Invalsi come base per l’iscrizione all’Università: ecco l’idea del Governo per semplificare l’accesso ai corsi di laurea

Dal 1 marzo tornano i “temuti” test nelle scuole italiane: si comincia con gli studenti dell’ultimo anno delle superiori (ma i risultati non influiranno né sull’ammissione alla maturità né sul voto finale). I tecnici della Presidenza del Consiglio vorrebbero utilizzare le certificazioni come punto di partenza per l’iscrizione ai corsi di laurea programmati e così dare agli atenei un riferimento certo delle competenze delle nuove matricole.

I risultati dei test Invalsi come base per entrare all’università: è questa l’idea al vaglio dei tecnici della presidenza del Consiglio per cercare di sfruttare al meglio i dati (spesso contestati da studenti e docenti) che ormai da 15 anni rappresentano un appuntamento fisso per le scuole italiane.

Dopo la pausa (seppur parziale) dovuta al Covid, quest’anno la data di partenza sarà quella del 1 marzo quando scatteranno le prove di italiano, matematica e inglese per i ragazzi delle quinte superiori. Parteciparvi sarà obbligatorio per tutti ma l’esito dei test non influirà in nessun modo sull’ammissione all’esame di Stato. Ad aprile toccherà agli studenti della terza media (anche qui senza “pesare” sull’esame di giugno) mentre per le seconde e quinte classi della scuola primaria le date sono quelle comprese dal 5 al 9 maggio.

In tutto saranno più di 2,5 milioni gli studenti alle prese con questa prova che, come anticipato oggi dal Sole 24 Ore, i tecnici del Ministero vorrebbero trasformare in una sorta di lasciapassare aggiuntivo (almeno per chi la sostiene durante l’ultimo anno delle scuole superiori) per l’iscrizione dall’università.

La certificazione che gli studenti ricevono direttamente dall’Invalsi, infatti, è composta da quattro parti, con i risultati in italiano, matematica, inglese lettura, inglese ascolto. Si tratta quindi attestati che lo studente già possiede e che spesso vengono richiesti anche dalle università nel momento dell’iscrizione (come, per esempio, il livello inglese B1). L’idea al vaglio del Governo è appunto quello che queste certificazioni possano essere utilizzate in modo graduale dagli atenei.

Per ora da questa ipotesi riguarderebbe tutti i corsi di laurea ad esclusione di quelli ad accesso programmato nazionale (come Medicina) e magari utilizzare le certificazioni Invalsi per gli Ofa, vale a dire gli Obblighi formativi aggiuntivi che vengono assegnati agli studenti che si iscrivono al primo anno di un corso di laurea di primo livello ad accesso libero della preparazione iniziale, oppure sono fissati come soglia per accedere a un determinato esame.

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