La riforma sul reclutamento all’università verrà approvato per decreto. Il Parlamento, bloccato di fatto nei lavori dallo scoppio della guerra in Ucraina, è stato scavalcato dal governo, come avviane quasi sempre negli ultimi anni. Pena la minaccia di non ricevere i soldi del Pnrr dall’Europa. Così ieri il vice Presidente della Commissione Cultura e Istruzione del Senato e relatore della riforma del nuovo percorso accademico, Francesco Verducci (PD), ha despositato nel decreto 36 di attuazione del PNRR gli emendamenti ancora non votati in commissione.
Le novità nel decreto PNRR
“Prende forma, finalmente, la cancellazione dell’assegno di ricerca, che in questi anni è stato utilizzato in modo abnorme provocando una gravissima precarizzazione che ha colpito i giovani ricercatori italiani. Al suo posto, un vero contratto di ricerca post-doc – con tutte le tutele del lavoro subordinato – della durata minima di due anni: è infatti fondamentale garantire tempo e continuità adeguati alla ricerca e le vicende vissute con la pandemia da Covid-19 lo dimostrano ulteriormente. Questo è un cambiamento fondamentale”, così il senatore Verducci dopo che l’ANDU, i sindacati e le altre associazioni di categoria avevano rivelato l’azione del governo in merito alla riforma per decreto. “L’emendamento – continua Verducci – unifica le due figure di ricercatore a tempo determinato presenti nell’attuale ordinamento (i cosiddetti A e B) in un unico ruolo in tenure track: ciò significa che alla fine del percorso, il ricercatore che ha ottenuto l’abilitazione scientifica passa al ruolo di professore associato”. Secondo gli emendamenti così presentati i contratti di ricerca saranno di almeno due anni e rinnovabili fino ad ulteriori due anni. Il trattamento economico sarà stipulato da contratto collettivo e non inferiore a quello di partenza di un ricercatore a tempo definito nell’ateneo.
“Queste innovazioni sono accompagnate da una solida disciplina transitoria volta a tutelare chi, in questi anni, ha sopportato il peso della precarietà e supportato l’università italiana con la qualità del proprio lavoro. Una ulteriore novità è rappresentata dall’introduzione, anche nelle università (poiché già presenti negli enti pubblici di ricerca) della figura del tecnologo a tempo indeterminato, fondamentale per dare supporto in termini di progettazione, gestione e coordinamento alle attività di ricerca. Università e ricerca sono il fulcro di un nuovo modello di sviluppo. Investire nel capitale umano è la strategia decisiva per avere un Paese più forte e coeso, più benessere e meno diseguaglianze. Con queste nuove norme, si potrà fare ricerca in Italia con più certezze, tutele e stabilità. Esse segnano un risultato fondamentale, uno spartiacque per l’università e la ricerca in Italia. Marcano un punto di cambiamento fondamentale, e danno grande valore aggiunto alle riforme del PNRR e agli investimenti del Next Generation UE”.
La critica di associazioni e sindacati: “Rischio di gonfiare il precariato”
“Esprimiamo qui estrema preoccupazione, a fronte di un’accelerazione che potrebbe impattare significativamente, e negativamente, sulle università di questo paese. Abbiamo infatti espresso più volte le nostre valutazioni su ipotesi di revisione che rischiano di peggiorare l’attuale configurazione della legge 240 del 2010, non solo mantenendo in vita e anzi estendendo figure atipiche di lavoro di ricerca (come le borse di ricerca), ma anche allungando il già incredibilmente lungo periodo di inserimento nei ruoli universitari (attualmente pari a 12 anni, in alcune ipotesi al parlamento che potrebbe arrivare a 14 o persino 17 anni)”. Così ANDU, Flc Cgil, Cisl Università, Uil Rua, Arted, Rete 29 Aprile, Università Manifesta sull’approvazione di una riforma per decreto che evita una discussione.
“Tutto questo senza porsi il compito di sgonfiare l’attuale bolla di precariato (decine di migliaia di precari di lungo corso, una generazione perduta nel rattrappimento dell’ultimo decennio delle risorse universitarie, gran parte dei quali in possesso persino di Abilitazione Scientifica Nazionale), con il rischio di gonfiarne in questi anni una ulteriore per gli ingenti finanziamenti PNR e PNRR”.
Combattere il precariato
Sindacati e associazioni rorniscono la loro ricetta per far uscire l’università italiana dal pantano del precariato:
– la previsione esclusivamente di rapporti di lavoro con la piena applicazione di diritti, tutele e contributi, introducendo un’unica figura preruolo, definita nazionalmente e con autonomia di ricerca, ed eliminando quindi dall’ordinamento ogni contratto parasubordinato in contrasto con quanto previsto nella Carta Europea del Ricercatore (come borse, assegni, collaborazioni e altre forme di dumping contrattuale); – una radicale riduzione della durata dei percorsi di immissione in ruolo, che non solo evitino di espandere la possibile permanenza nel preruolo, ma intervengano sostanzialmente sui tempi attualmente in vigore con la legge 240 del 2010, già evidentemente molto superiori a quelli previsti negli altri sistemi europei e non solo;
– la conferma di percorsi di tenure contenuti nella durata, che soprattutto permettano l’immissione in ruolo a tempo indeterminato sulla base di parametri oggettivi e omogenei a livello nazionale, con un passaggio esigibile da parte di ricercatori e ricercatrici in tempi certi e uniformi a livello nazionale;
– l’inserimento nel DDL di una reale normativa transitoria, che nel quadro di un reclutamento ordinario, ciclico e progressivo come dei piani straordinari attualmente previsti, individuino gli strumenti per permettere all’attuale bolla di precariato, come a quella in formazione sul PNRR, di esser progressivamente e rapidamente assorbite (sia attraverso risorse aggiuntive, sia prevedendo deroghe, vincoli e eventuali norme che si ritenessero necessarie), come avvenuto in questi anni negli Enti Pubblici di Ricerca (nei quali le pur importanti recenti conquiste sulla stabilizzazione non esauriscono il fenomeno e richiedono comunque ulteriori incisivi interventi normativi e contrattuali).
– Il riconoscimento del dottorato nel mondo del lavoro pubblico e privato, come titolo di alta formazione
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