Dottorati, oltre il 41% ha sofferto di depressione e quasi il 46% non riuscirebbe a sostenere una spesa imprevista. Il rapporto

La X indagine ADI, l’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia, fotografa una situazione precaria con rapporti rispetto i Paesi del Nord Europa come Olanda e Danimarca che sono tra il 50% e l’80% inferiori.

La pandemia ha lasciato dietro di se macerie anche tra i dottorati di ricerca italiani, figure di “avviamento” alla carriera accademica già profondamente precarie dopo oltre un decennio di tagli al finanziamento all’istruzione superiore, recuperato a piccole boccate d’aria solo negli ultimi anni ma ancora lungi dall’essere risolto o stabilizzato.

I dati sui dottorati di ricerca

I numeri sono quelli scritti nero su bianco nella X Indagine dell’ADI : “Nel 2016 in Italia c’erano 13950 assegniste/i di ricerca. I posti di ricercatore di tipo B banditi tra il 2017 e il 2020 sono stati di mille unità l’anno. Prima del PNRR (che scade nel 2026 n.d.r.) i bandi per i posti di ricercatore di tipo A erano circa 1300 l’anno”. Le integrazioni dirette del ministero con i bandi PON hanno raddoppiato il numero di posti solo per il 2021. “Il sistema – si legge nel documento – assorbe una percentuale minima di assegnisti anche dopo 5 anni”.

L’indagine ha coinvolto circa il 12% della popolazione di dottorandi e dottorande in Italia, divisi tra Nord, Centro e Sud. Riguardo al costo della vita e tenendo conto dei 1200 euro percepiti si nota che solo chi risparmia anche sulla stanza, magari prendendola in condivisione può mantenersi in città. Milano esclusa. Mentre se si rapportano i 1130- 1390 euro ancorati al costo della vita, la disparità con altri Paesi europei di riferimento come Francia e Spagna, le borse di dottorato italiane sono inferiori del 20%, del 30% se si prende in considerazione la Germania, del 50% per la Danimarca fino ad arrivare all’80% per i Paesi Bassi con borse che oscillano tra i 1700 e i 2060 euro.

Riguardo poi ai rapporti con il proprio ambiente di lavoro, poi, le cose non migliorano. Il 36,2% ha difficoltà a parlare sul lavoro con i colleghi o supervisor. Preferendo chi ha già terminato il percorso come i post doc magari amici o conoscenti. I livelli di depressione e tristezza sono allarmanti, forse complice anche la pandemia ma non solo, arrivando al 41,5%. Inoltre questi giovani, parliamo di fasce d’età tra 25 e i 30 anni hanno riportato livelli di ansia quasi al 60% e uno scetticismo sul proprio futuro per circa il 40% di loro, quasi uno su due).

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