Fiorucci (Roma Tre): “Dopo il 2026 molte università in default”

Il rettore dell’ateneo romano: “Grazie al Pnrr le università godono di ampie risorse ma dal 2026 cosa ne sarà del sistema universitario italiano?”

“Il Pnrr è un’occasione, ma rischia di essere anche una bolla. Cosa accadrà dopo il 2026? Il diluvio? Qui siamo davanti un definanziamento strutturale. La presidente della Crui ha fatto una previsione: nel 2026 se il finanziamento delle università rimarrà così il 70% delle università saranno in default. Che tipo di società vogliamo costruire? Che tipo di mondo ci immaginiamo? Che tipo di uomo o di donna? La cooperazione è fondamentale ma in un mondo che ci manda continuamente il messaggio opposto della competizione e dell’individualismo: è molto difficile competere con questo modello e questa educazione naturale in atto che c’è quotidianamente”. Un monito e un’autocritica lanciata da Massimiliano Fiorucci, rettore dell’Università Roma Tre, in chiusura della presentazione del Rapporto UNESCO promosso dall’Università Cattolica.

“Credo che il compito oggi dell’università, oltre che fare buona didattica e buona ricerca, sia quello di superare l’autoreferenzialità costruendo relazioni, con il territorio, con le imprese – ha dichiarato Fiorucci a Corriereuniv.it -. Lo facciamo sempre di più con la terza missione, cioè le ricadute sociali ed economiche sui territori. Dobbiamo far in modo che l’università viva in osmosi con il contesto locale, nazionale e internazionale che oggi è inevitabile per dotare i giovani delle competenze in un mondo così complesso”.

“Perché nelle scuole si parla di crediti, debiti, clienti. C’è un modello di liberismo sfrenato, incontrollato, che è il modello educativo dominante. L’impegno è quello di contrastarlo, ed è una scelta politica. Chiaro che c’è da fare un lavoro culturale straordinario sugli insegnanti per ridare prestigio sociale agli insegnanti, deve essere una professione appetibile e non un lavoro di risulta”.

Formazione insegnanti

Fiorucci ha poi risposto alle domande di Corriereuniv relative al reclutamento degli insegnanti nella Scuola, tema di cui è responsabile nella Commissione dedicata presso la Crui. Agli atenei italiani è demandato il compito di preparare i futuri professori della scuola che dovranno ottenere quei crediti formativi (CFU) indispensabili per accedere ai concorsi banditi dal ministero. Le perplessità, però, sono tante, soprattutto legate al fatto che nel nostro Paese il reclutamento è stato fatto privilegiando scorrimenti e graduatorie a scapito dell’effettiva capacità di insegnamento dei nuovi prof. che vanno spesso in aula senza avere quelle competenze sottili che sono indispensabili per appassionare e coinvolgere gli studenti italiani. Un tema urgente in vista dei nuovi concorsi e delle nuove assuzioni.

“Oggi per fortuna dopo tanto tempo per insegnare nella scuola secondaria di primo e secondo grado è necessario un percorso universitario di sessanta crediti. Dovrà essere almeno una scelta, con un percorso serio, impegnativo, ci auguriamo almeno che tra qualche anno avremo insegnanti più motivati, più formati, più capaci di lavorare nella scuola. Il lavoro in aula non è sufficiente tant’è che il percorso prevede un tirocinio nella scuola, quindi una formazione in aula e una didattica laboratoriale. Quindi i tre elementi: la conoscienza, la conoscienza applicata e quella sul campo. Credo che questo possa garantire una formazione più solida e più efficace”.

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