Donne e lavoro, un connubio difficile: “Ritardo culturale e civile del paese”

Donne e lavoro

Sono più brave, con curriculum migliore, ma faticano di più a trovare lavoro e spesso sono costrette a lasciarlo se diventano madri. Se da un lato, dice un’indagine dell’Università La Sapienza di Roma, negli ultimi vent’anni il numero di lavoratrici in Italia è cresciuto del 22,2%, le donne ancora occupate dopo il primo figlio sono il 59%, una percentuale di gran lunga inferiore a quella delle colleghe europee; rispetto alle tedesche che sono il 74%, rispetto alle svedesi, che continuano a lavorare nell’81% dei casi e rispetto alle spagnole, che si attestano rispetto sul 63%.

E con la crisi aumentano le differenze di genere.  Il divario tra uomini e donne e le differenze retributive, dice AlmaLaurea, aumenta e  le laureate con figli lavorano e guadagnano meno rispetto alle colleghe senza figli. Le differenze di genere raggiungono i 17 punti tra quanti hanno figli (il tasso di occupazione è pari all’89% tra gli uomini, contro il 72% delle laureate), mentre scendono fino a 7 punti, sempre a favore degli uomini, tra quanti non hanno prole (tasso di occupazione pari 61 contro 54%, rispettivamente). Anche nel confronto tra laureate, chi ha figli risulta penalizzata: a cinque anni dal titolo lavora l’81% delle laureate senza prole e 69 di quelle con figli (differenziale di 12 punti percentuali). Il differenziale retributivo è del 14% a favore delle laureate senza figli (1.247 euro contro 1.090 euro). La percentuale vale per tutte le categorie sociali: fra i 24 e i 55 anni le donne lavoratrici con figli sono il 55%.

“E’ il segnale del persistere di un ritardo culturale e civile del Paese – commenta Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea . E’ una situazione che contribuisce anche a svalutare gli investimenti nell’istruzione universitaria femminile”.

Tra i laureati specialistici biennali, già ad un anno dalla laurea le differenze fra uomini e donne, in termini occupazionali, risultano significative (7,5 punti percentuali: lavorano 55,5 donne e 63 uomini su cento). Le donne risultano meno favorite non solo perché presentano un tasso di occupazione decisamente più basso, ma anche perché si dichiarano più frequentemente alla ricerca di un lavoro: 32% contro il 24% rilevato per gli uomini. A un anno dalla laurea gli uomini possono contare più delle colleghe su un lavoro stabile (le quote sono 39 e 30%) e guadagnano il 32% in più delle loro colleghe (1.220 euro contro 924 euro mensili netti).

A cinque anni dalla laurea le differenze di genere si confermano significative e pari a 6 punti percentuali: lavorano 83 donne e 89 uomini su cento. Il lavoro stabile è prerogativa tutta maschile: può contare su un posto sicuro, infatti, l’80% degli occupati e il 66% delle occupate. Ciò dipende anche dallo sbocco prevalente nell’ambito dell’istruzione per le laureate. Tra uno e cinque anni dal conseguimento del titolo, le differenze di genere rispetto al guadagno, lungi dal ridursi, aumentano ulteriormente: il divario cresce al 30% (1.646 contro 1.266 euro).

 “Forti sono le responsabilità in termini di politiche a sostegno della famiglia e della madre-lavoratrice, soprattutto si evidenzia con forza lo scarto occupazionale esistente tra le laureate, a seconda della presenza o meno di figli” dice Cammelli.

Nella classifica mondiale sulle disparità fra uomo e donna l’Italia è all’ottantesimo posto, dopo il Perù e Cipro. Dati del Gender Gap Index, l’indice del World Economic Forum che misura le differenze fra i sessi in 135 paesi.

“Eppure in quasi in tutti settori disciplinari le laureate hanno voti migliori rispetto ai loro colleghi uomini”, spiega il professor Cammelli. Le donne ormai sono prevalenti nei percorsi universitari (nel 2010, la percentuale di donne laureate tra i 30 e 34 anni risulta superiore a quella della popolazione maschile di quasi 9 punti percentuali: 24,2% rispetto al 15,5), anche in quelli a lungo tempo considerati roccaforti maschili: le donne rappresentano il 64 per cento del complesso dei laureati specialistici a ciclo unico (Medicina e chirurgia, Odontoiatria, Medicina veterinaria, Farmacia, Architettura e Giurisprudenza).

Brillanti sono poi le loro performance: arrivano alla laurea più giovani (26,7 anni rispetto ai 27,2 degli uomini tra tutti i laureati 2001; 25,5 anni nelle lauree di primo livello contro i 26 anni dei colleghi maschi; 27,6 anni contro 28 nelle lauree specialistiche; 26,4 anni contro 27,1 nelle specialistiche a ciclo unico). E sono più regolari negli studi. Si laurea in corso il 40,6 per cento delle laureate 2001 contro il 36,4 per cento degli uomini; differenze che si riscontrano in tutti i tipi di laurea a vantaggio delle donne (in particolare, in corso è il 48,2 per cento delle laureate nei percorsi specialistici contro il 45,7 per cento dei laureati).

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