Disturbi alimentari E‘ lungo e impegnativo il lavoro da fare per prevenire i disturbi alimentari, soprattutto nella popolazione giovanile, problemi rispetto ai quali serve anche “un’operazione culturale”. Lo ha sostenuto il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in occasione della presentazione del Quaderno del ministero della salute dedicato ad “Appropriatezza clinica, strutturale e operativa nella prevenzione, diagnosi e. Terapia dei disturbi dell’alimentazione”. Una prevenzione che non riguarda solo l’informazione e la consapevolezza dei rischi per la salute causati da questi disturbi ma anche dei pericoli rappresentati dai 150mila siti internet pro-ana e pro-mia sui quali si trovano “consigli” e trucchi per assumere sempre meno calorie o per nascondere gli attacchi di fame compulsiva.
“Dei disturbi alimentari non si parla mai abbastanza – ha aggiunto il ministro – e lo si fa solo inseguendo il caso di cronaca. Si tratta di disturbi legati alla nostra societa’ e all’immagine del corpo che viene veicolata”.
Per questo, ha osservato, “questo quaderno che presentiamo oggi e’ di grande utilita’, non solo per gli addetti ai lavori ai quali vengono fornite indicazioni per la diagnosi e per i protocolli da seguire, ma anche per i cittadini che in modo chiaro possono comprendere l’esatta natura di queste patologie e come affrontarle”. Dal documento si evince che, ogni anno, sono otto ogni 100mila i nuovi casi anoressia nervosa e 12 ogni 100mila quelli di bulimia.
Guardando alla popolazione generale femminile, dai 18 anni in su, i tassi di prevalenza sono dello 0,9% per l’anoressia, dell’1,5% per la bulimia e del 3,5% per il “binge-eating disorder” (le cosiddette abbuffate).
Ma i disturbi alimentari colpiscono sempre di piu’ anche gli uomini: studi condotto su popolazioni cliniche, infatti, indicano che i maschi rappresentano il 5-10% dei casi di anoressia, il 10-15% di quelli di bulimia e fino al 30-40% dei casi di binge-eating disorder. Sono soprattutto le persone affette da anoressia nervosa, si legge infine, ad essere esposte a un maggior rischio di mortalita’, con tassi 5-10 volte maggiori di quelle delle persone sane della stessa eta’ e dello stesso sesso.