Dieta mediterranea. Comportamenti degli studenti a tavola

dieta mediterranea

Dieta mediterranea e studenti Gli studenti universitari conoscono la Dieta Mediterranea? A Milano è un “bene culturale” a Napoli è una questione di salute. A Palermo i più informati sulla qualifica di Patrimonio Unesco. Solo Perugia fa eccezione alla tendenza ormai consolidata della Dieta dissociata. Il rito del pranzo della domenica resiste solo al Sud

Ecco i dati della ricerca del Centro Ricerche Sociali sulla Dieta Mediterannea dell’Università Suor Orsola Benincasa presentati oggi a Napoi in occasione del “compleanno” del riconoscimento UNESCO della Dieta Mediterranea

Ricerca realizzata dall’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli in collaborazione con le Università di Milano-Bicocca, Perugia e Palermo (periodo di svolgimento ottobre 2012 – novembre 2013, studenti intervistati 595, età media 21 anni, residenti in Campania, Lombardia, Umbria e Sicilia)

PERCHÉ GLI STUDENTI UNIVERSITARI: Si tratta di un campione omogeneo, costituito dalla generazione che è in procinto di diventare classe dirigente e opinion maker. L’età media dei 595 intervistati è di 21 anni. Il confronto fra gli studenti di diverse aree geografiche ha consentito di fare emergere per contrasto lo stato d’animo degli studenti campani rispetto all’emergenza sanitaria e ambientale della Terra dei fuochi.Gli studenti campani ritengono che del cibo si debba occupare soprattutto il Ministero della Salute, mentre quelli lombardi ritengono competente il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Diversamente gli studenti siciliani intervistati ritengono particolarmente competente il Ministero dei Beni Culturali mostrando di conoscere la natura del patrimonio culturale intangibile. Sorprende, invece, il fatto che gli studenti di Perugia, tutti iscritti a Medicina, siano i più lontani dall’associazione tra sicurezza alimentare e Dieta Mediterranea; che per loro è una mera competenza del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Quindi gli studenti campani intervistati considerano il cibo un’emergenza. E intendono la Dieta Mediterranea come un parafarmaco, un presidio salutista contro contaminazione, obesità, malnutrizione. Ma anche contro i veleni che intossicano la loro terra.

EVIDENZE:

1)  Paradosso: il prestigioso riconoscimento UNESCO della Dieta Mediterranea è ancora poco noto. E comunque ne sono più a conoscenza gli studenti di Milano che quelli della Campania, dove la Dieta Mediterranea è nata, e dove si trova l’unica comunità elettiva italiana riconosciuta dall’UNESCO, il Cilento

2)  Gli studenti campani pensano che la tutela della Dieta Mediterranea sia di competenza del Ministero della Salute prima ancora che dell’UNESCO. Il cibo per loro è diventato emergenza

3)  Il chilometro zero è un dogma indiscusso da Milano a Palermo

4)  A sorpresa la carne supera il pesce nelle preferenze alimentari

5)  La Dieta Mediterranea è quasi sempre ridotta a pochi piatti emblematici: spaghetti al pomodoro, pizza, mozzarella

 In sostanza l’idea di Dieta Mediterranea non è più quella del suo inventore Ancel Keys – il cui motto era mangiare di tutto un po’, in particolare pasta, legumi, verdura e pesce azzurro – ma un format alimentare ridotto a pochi piatti e frutto della sovraesposizione mediatica del food.

SINTESI DEI DATI

 

A – I giovani studenti universitari di Napoli pensano alla Dieta Mediterranea come a qualcosa direttamente riferibile alla salute (il 50,6% del campione totale). La considerano dunque una sorta di medicina che può curare qualsiasi male. Mentre a Milano il 50% degli intervistati la considera un bene culturale, a Palermo (il 63% degli intervistati) e a Perugia (il 60%) la associa semplicemente al buon cibo. Una buona percentuale degli studenti perugini però (il 44,6%) ritiene sia un bene culturale. Nota: Nonostante i dati di Perugia siano stati rilevati da questionari somministrati a studenti della Facoltà di Medicina, la Dieta Mediterranea non viene associata alla Salute, mentre la maggior parte degli intervistati campani, rispetto a quelli di tutte e tre le altre città indagate (Milano Perugia e Palermo), la associa alla dimensione salute. Probabilmente l’allarme tumori legato al cibo inquinato e contaminato dagli sversamenti di sostanze tossiche che hanno contaminato le falde acquifere e i terreni coltivabili del casertano e del napoletano, che negli ultimi mesi ha suscitato allarme e indignazione nella popolazione campana e non solo, spinge anche i giovani verso un tipo di alimentazione virtuosa e idealizzata che li riporta verso una presunta età dell’oro in cui il mangiare meridiano era sinonimo di buono, pulito, giusto e salutare. È paradossale che proprio in Campania – regione con il più alto tasso di obesità in Italia e uno dei più elevati al mondo – il fisiologo americano Ancel Keys negli anni Cinquanta abbia scoperto gli effetti benefici della Dieta Mediterranea, proprio per prevenire l’obesità e le malattie cardiovascolari che in quegli anni decimavano gli americani, over size e no. La sua eredità culturale sembra ancora presente negli studenti che considerano la Dieta Mediterranea alla stregua di un parafarmaco.

B – Che a Napoli dunque la Dieta Mediterranea faccia pensare immediatamente alla salute – mentre si ha scarsa consapevolezza della sua dimensione ed importanza culturale – emerge anche dal dato che il 64% degli intervistati crede debba essere tutelata dal Ministero della Salute, mentre solo il 10,8% del campione ha indicato l’UNESCO. E anche quelli che sanno che non è tutelata dal Ministero della Salute, ritengono comunque che debba esserlo. Il dato segnala chiaramente come gli studenti percepiscano la Dieta Mediterranea come un regime sano prima ancora che buono. A Milano invecela maggior partedegli intervistati pensa che la Dieta Mediterranea sia tutelata dal Ministero delle Politiche Agricole e che debba continuare ad esserlo. A Palermo il 58% degli intervistati sa che la Dieta Mediterranea è tutelata dall’UNESCO, però il 47,3% pensa che debba essere tutelata dal Ministero della Salute. A Perugia il 30% degli intervistati pensa che la Dieta Mediterranea sia tutelata dal Ministero della Salute e comunque il 34,5% pensa che debba esserlo.

 

Nota: Il dato più rilevante riguarda Napoli, dove la maggior parte del campione ritiene che la Dieta Mediterranea sia – o debba – essere tutelata dal Ministero della Salute. Stupisce che i palermitani siano a conoscenza della tutela UNESCO, con una percentuale molto più alta rispetto a tutte le altre città esaminate. I milanesi, invece, ritengono debba essere tutelata dal Ministero delle Politiche Agricole, manifestando una spiccata sensibilità verso questioni legate all’agricoltura e in generale alla trasparenza delle filiere produttive del cibo che vanno preservate dai pericoli della globalizzazione. Un significativo 50% degli studenti milanesi  considerano la Dieta Mediterranea un bene culturale da preservare.

Gli studenti sanno che la Dieta Mediterranea è patrimonio UNESCO?

 

Gli studenti universitari intervistati a conoscenza del riconoscimento UNESCO sono pari al 23% a Milano e al 15,6% a Perugia. Una conoscenza straordinariamente alta si riscontra tra gli studenti di Palermo, pari al 57,9%. Fanalino di coda la Campania con il 10,8%. Nettamente al di sotto della media nazionale del 14,6%. Nota: Il paradosso è che nonostante la Dieta Mediterranea sia Patrimonio Culturale Intangibile dell’Umanità già da tre anni (dal 16 novembre 2010) gli studenti universitari campani lo ignorano e con tutta probabilità anche le loro famiglie. Di conseguenza non sanno nemmeno che l’unica comunità elettiva italiana riconosciuta dall’UNESCO è il Cilento, in provincia di Salerno.

Ne hanno piena consapevolezza invece gli studenti Palermitani con percentuali elevatissime. Seguiti a distanza dai milanesi e dai perugini.

 

La Dieta Mediterranea è tutta salute  A Napoli i giovani studenti universitari pensano alla Dieta Mediterranea come a qualcosa direttamente riferibile alla salute (il 50,6% del campione totale). La considerano dunque una sorta di medicina che può curare qualsiasi male. Mentre a Milano il 50% degli intervistati la considera un bene culturale, a Palermo (il 63% degli intervistati) e a Perugia (il 60%) è associata al buon cibo. Una buona percentuale degli studenti perugini però (il 44,6%) ritiene sia un bene culturale. Nota: Nonostante i dati di Perugia siano stati rilevati da questionari somministrati a studenti della Facoltà di Medicina, la Dieta Mediterranea non viene associata alla salute, mentre la maggior parte degli intervistati campani, rispetto a quelli di tutte e tre le altre città indagate (Milano Perugia e Palermo), la associa alla dimensione salute. Probabilmente l’allarme tumori legato al cibo inquinato e contaminato da sostanze tossiche scaricate direttamente sotto i terreni coltivabili del napoletano e del casertano, che negli ultimi mesi ha suscitato clamore e panico nella popolazione campana e non solo, spinge anche i giovani napoletani verso un tipo di alimentazione che li riporta miticamente indietro, al tempo in cui il mangiare meridiano era sinonimo di buono, pulito, giusto e salutare. A Napoli si riconosce la Dieta Mediterranea come salutare nel 97,6% dei casi (con un grado di sicurezza attribuito agli alimenti che la costituirebbero pari a buono) e la riconoscono come “cibo” nel 79,5% dei casi. Questi dati pongono la dimensione del cibo e quella della salute quasi sullo stesso piano, rimandando al binomio cibo-salute, che già il padre della medicina, Ippocrate, aveva ben individuato nell’enunciato: fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo; relegando la dimensione della cultura all’ultimo posto.

Chi deve tutelare la Dieta Mediterranea? Che a Napoli, dunque, la Dieta Mediterranea faccia pensare immediatamente alla salute – mentre si ha scarsa consapevolezza della sua dimensione e importanza culturale – emerge anche dal dato secondo cui il 64% degli intervistati crede che sia tutelata dal Ministero della Salute, mentre solo il 10,8% del campione ha indicato l’UNESCO. E il 56,4% degli intervistati, che sanno non essere tutelata dal Ministero della Salute, ritiene comunque debba essere tutelata dal Ministero della Salute. L’indicazione a maggioranza (64%) del Ministero della Salute segnala chiaramente come gli studenti reputino la Dieta Mediterranea soprattutto qualcosa di benefico per la salute. A Milano invecela maggior partedegli intervistati pensa che la Dieta Mediterranea sia tutelata dal Ministero delle Politiche Agricole e che debba essere tutelata dal Ministero delle Politiche Agricole. A Palermo il 58% degli intervistati sa che la Dieta Mediterranea è tutelata dall’UNESCO, però il 47,3% pensa che debba essere tutelata dal Ministero della Salute. A Perugia Il 30% degli intervistati pensa che la Dieta Mediterranea sia tutelata dal Ministero della Salute e il 34,5% pensa che debba essere tutelata dal Ministero della Salute. Nota: Il dato più consistente riguarda, dunque, sempre Napoli, dove la maggior parte del campione ritiene che la Dieta Mediterranea sia o debba essere tutela dal Ministero della Salute. Stupisce che i palermitani siano a conoscenza della tutela UNESCO, con una percentuale molto più alta rispetto a tutte le altre città esaminate. I milanesi, invece, ritengono debba essere tutelata dal Ministero delle Politiche Agricole, manifestando una presunta certa sensibilità alle pratiche agricole e di produzione del cibo che in qualche modo devono essere preservate dall’oblio. Tale considerazione è deducibile anche dal fatto che i milanesi (il 50% degli intervistati) la considerino un bene culturale da preservare.

 

Di cosa è fatta la Dieta Mediterranea? In tutte e quattro le città esaminate (Napoli, Milano, Palermo, Perugia) il primo alimento associato all’idea di Dieta Mediterranea è la pasta. A Perugia, Palermo e Milano il secondo alimento più associato all’idea di Dieta Mediterranea è l’olio. Invece a Napoli non compare mai l’olio forse perché non è considerato un alimento ma un condimento. Probabilmente a Milano, Palermo e Perugia si conosce meglio la “teoria” della triade classica della Dieta Mediterranea, mentre a Napoli la Dieta Mediterranea si pratica regolarmente nei pasti quotidiani.

 

Dall’antica triade mediterranea alla nuova triade 2.0.  A Napoli il secondo e il terzo alimento indicati come caratteristici delle Dieta Mediterranea – dopo la pasta che rimane saldamente al primo posto – sono verdure e pomodoro. A Milano e Palermo la seconda scelta di alimento ricade sul pomodoro. Comparando le diverse risposte non sembra azzardata l’ipotesi secondo cui la classica triade mediterranea (composta da grano, olio e vino) sia oggi sostituita da una nuova triade rappresentativa della Dieta Mediterranea composta da pasta, pomodoro e olio. A Napoli, Milano e Perugia il primo piatto associato alla Dieta Mediterranea è la pasta mentre il secondo è la pizza. Si nota una forte presenza di piatti meridionali nei consumi anche degli studenti del Nord. Il vino e l’uva vengono sostanzialmente esclusi dalla nuova triade 2.0

 Il trionfo della dieta dissociata. Primo e secondo non esistono più A Palermo è evidente come si tenda a dissociare il primo piatto, costituito da pasta e consumato a pranzo, da un secondo piatto a base principalmente di carne e come seconda scelta di pesce, con accompagnamento di verdure, consumato a cena. Anche a Milano al primo posto nei menù del pranzo compare la pasta accompagnata dal pomodoro e seguita da verdure; a cena, a pari merito sono pesce e carne seguiti da verdura in generale (in tre casi viene indicata la MINESTRA). A Perugia il menù del pranzo vede al primo posto la pasta tendenzialmente al pomodoro con una presenza notevole anche di carne e verdura; il menù della cena prevede in netta prevalenza carne seguita da pesce, minestre e verdure.  A Napoli la pasta regna sovrana, accompagnata dal pomodoro, dalle verdure ma anche in buona percentuale dai legumi. A cena prevale il secondo piatto, tendenzialmente di carne o in alternativa di pesce, sempre accompagnati con verdure. Nel dettaglio: per quanto riguarda il pranzo, nel 39,6% dei casi, è composto solo dal primo piatto. La pasta è indicata nell’84,4% dei casi; il 23,5% risponde pasta al pomodoro e il 17,6% pasta con i legumi. Infine, tra i dati rilevanti, segnaliamo che il pane è specificato come alimento solo nel 2% delle risposte. A cena il 74% del totale degli intervistati indica un menù composto da secondo+contorno. Il 56,9% degli intervistati ha indicato la carne, mentre il 44,6% il pesce.

Il rito del pranzo della domenica resiste solo al Sud. A Palermo il menù della domenica conferma il consumo prevalente di pasta, ma preparata secondo ricette che prevedono la cottura in forno e il condimento a base di carne più un secondo a base di carne. La domenica, quindi, è l’unico giorno della settimana in cui non si evidenzia la solita dissociazione tra primo e secondo dei giorni feriali e prevale il consumo di carne. Un dato rilevante è che la metà degli intervistati di Milano non distingue tra il pranzo della domenica e quello dei giorni feriali a indicare la mancanza di ritualità legata al pasto domenicale. A Perugia la domenica il menù è a base di paste fresche (lasagna principalmente) o paste al forno o comunque condite con carne e pomodoro (ragù). A Napoli l’84,8% risponde indicando un menù a base di carne, mentre solo il 27% indica un menù a base di pesce. La domenica a Napoli c’è soprattutto pasta al pomodoro (sugo), paste fresche (specie gnocchi e lasagne).

Il cibo dove si compra? Al Supermarket o dal contadino? A Milano, a differenza di Palermo, prodotti quali frutta e verdura e olio vengono acquistati al supermarket, come, del resto, la maggioranza degli altri alimenti. La verdura e la frutta, a Palermo, provengono nella maggioranza dei casi da produzioni locali o si comprano da rivenditori locali, emerge anche un dato abbastanza consistente legato alla produzione propria o familiare. Il pane si compra da produttore locale, mentre la pasta al supermercato. E soprattutto l’olio si produce in proprio o si acquista da produttori locali; non è mai o quasi mai (solo in due casi) acquistato nei supermercati. A Perugia si compra quasi tutto al supermercato ma è da rilevare che l’olio in una buona percentuale degli intervistati si produce in proprio o è reperito presso produttori locali. A Napoli il pesce e la frutta si comprano soprattutto dai rivenditori locali, mentre la verdura sia dai rivenditori locali che al supermarket e in percentuale minore da produttori locali o produzione familiare. Le attività del MedEatResearch fanno parte del progetto CARINA “Sicurezza, sostenibilità e competitività nelle produzioni Agroalimentari della Campania” P.O.R. Campania FSE 2007/2013 Asse IV, Asse V, Avviso pubblico per le Reti di Eccellenza tra Università, Centri di Ricerca ed Imprese A.G.C.06 D.D.n. 414 del 13.11.2009 Codice Ufficio 4-17-10 CUP B25B09000080007 Asse IV Capitale Umano, Obiettivo Specifico l) Asse V Transnazionalità ed Interregionalità, Obiettivo Specifico: m)

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