Campania, aumentato il tetto del reddito per le borse studio

Stanziati ulteriori 30 milioni di euro dalla Regione.

Aumenta in Campania il tetto di reddito per l’accesso alle borse di studio universitarie, ampliando notevolmente la platea dei beneficiari. Il provvedimento è stato approvato dalla giunta regionale. La soglia di reddito “Isee” passa da 21mila euro a 22.700 Euro annui, mentre la soglia “patrimoniale” passa da 40mila a 46.500 euro. Complessivamente si stanziano per le borse di studio 130 milioni (30 in più rispetto all’anno scorso).

“Siamo riusciti a reperire ulteriori risorse – ha dichiarato il governatore Vincenzo De Luca – e questo straordinario sforzo economico consente di aumentare i tetti di reddito per poter accedere alle borse di studio. Confermiamo la grande attenzione verso le fasce sociali più deboli, con un’azione anche di contrasto alla dispersione scolastica, che si aggiunge alle altre misure già adottate, a cominciare dai trasporti, con gli abbonamenti gratuiti per gli studenti, provvedimento unico in italia”.

Censis boccia la Campania

Nei giorni scorsi i risultati Censis della classifica degli atenei italiani avevano bocciato il sistema universitario della Campania. Con l’università Federico II è ultima nell’elenco dei mega atenei italiani, quelli con oltre 40 mila iscritti. L’Orientale e la Parthenope sono rispettivamente penultima e ultima tra le università tra i 10 mila e i 20 mila iscritti.

La Vanvitelli è al quartultimo posto nella classifica dei grandi atenei (tra i 20 ed i 40 mila iscritti); l’università del Sannio finisce in fondo ai piccoli atenei, seguita solo dal Molise. Ma gli indicatori selezionati per il ranking rappresentano spesso, per gli atenei del Mezzogiorno e della Campania, uno scoglio insormontabile. Che penalizza il sistema degli atenei campani anche in termini di immatricolazioni, sempre che i neodiplomati usino come metro di giudizio anche questa classifica. Il calo delle iscrizioni, pari a meno 5,1 per cento nel Mezzogiorno ( mentre nel Nord Est il dato è ben più contenuto, con solo 0,1 per cento di diminuzione di immatricolazioni) sconta certamente “l’impoverimento materiale delle famiglie – spiega il Censis – che si somma a un crescente disagio giovanile conseguente alla percezione di un futuro reso più incerto dal lungo periodo di pandemia”.

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