Altro che tesoro! In Italia chi trova un amico… trova un lavoro

Secondo un’indagine Inapp-Plus negli ultimi dieci anni quasi un lavoratore su quattro ha trovato occupazione tramite amici, parenti o conoscenti. Solo il 9% grazie a contatti stabiliti nell’ambiente lavorativo. Un sistema che ha delle ripercussioni anche su stipendi e mansioni (al ribasso).

Negli ultimi dieci anni quasi un lavoratore su quattro (23%) ha trovato occupazione tramite amici, parenti o conoscenti. Solo il 9% attraverso contatti stabiliti nell’ambiente lavorativo. È quanto emerge dall’ultimo report dell’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), che ha preso in esame i dati dell‘indagine Inapp-Plus, che da oltre 15 anni analizza la dinamica dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro e che è stato presentato a Bologna nei giorni scorsi durante la 13esima edizione del Festival del lavoro.  

“La prevalenza dell’accesso all’occupazione tramite i canali informali rappresenta ormai un tratto strutturale del mercato del lavoro italiano- ha detto Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – con distorsioni rilevanti sulla qualità dell’allocazione delle risorse umane. I dati mostrano che i canali formali (a parte i concorsi pubblici, ci si riferisce prevalentemente ai centri per l’impiego) intermediano le posizioni lavorative meno retribuite, prevalentemente non standard e caratterizzate da bassi livelli di istruzione. Chiudendo di fatto i canali formali di accesso pubblico alle posizioni migliori si restringe il campo della contendibilità e si riduce l’area di scelta per gli stessi datori di lavoro, compromettendo spesso la valorizzazione del merito”.

In assoluto, il canale di ricerca cresciuto maggiormente negli ultimi dieci anni è l’autocandidatura, passato dal 13% al 18%, probabilmente anche in relazione al ruolo crescente dei social media. L’occupazione generata dalle piccole imprese private (1-5 e 6-10 addetti), che rappresenta il 40% del totale del settore privato, passa in maniera consistente attraverso l’intermediazione informale (oltre il 60%). “Sebbene solo il 2% degli occupati dichiari di avere trovato lavoro tramite app o social network- continua Fadda- tuttavia, l’intermediazione digitale, se non adeguatamente regolata, rischia di alimentare ulteriormente l’informalità. Basti pensare che si è passati dal 25% degli occupati che nel 2000 dichiaravano di aver fatto
ricorso a Internet durante la fase di ricerca di lavoro, al 50% del 2010, fino al 75% del 2021″.

Tra i canali formali, si riduce il ruolo dei concorsi pubblici (10% per chi ha trovato lavoro, sette punti percentuali in meno rispetto a dieci anni prima), effetto della riduzione del perimetro del settore pubblico e del blocco del turnover nella Pa. Si registra, inoltre, un crescente (ma comunque sempre inferiore rispetto ai principali canali informali) ricorso alle agenzie private ed ai job center delle istituzioni scolastiche e formative, andamento dovuto anche alla loro più recente istituzionalizzazione.

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