Studiare Psicologia all’università, il consiglio del docente: “Care matricole, attenti all’italiano”

Gianluca Ficca, ordinario di Psicologia Generale dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, ci parla del corso di studio che ogni anno attira migliaia di studenti: “Lo strumento di lavoro principale dello psicologo è la parola, gli studenti che si avvicinano agli studi psicologici dovrebbero possedere delle adeguate competenze linguistiche, sia sul piano della comprensione che dell’espressione”.
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Cosa si studia a Psicologia? Quali competenze devono avere le matricole che vogliono intraprendere questo corso di studio? Ce ne parla Gianluca Ficca ordinario di Psicologia Generale presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e Responsabile del Laboratorio del Sonno.

Quali sono i contenuti di studio relativi ai corsi di laurea in Psicologia? 

La Psicologia si occupa dello studio della mente e del comportamento umani. La formazione psicologica prevede un triennio di base in cui si acquisiscono conoscenze generali che forniscono le fondamenta per gli approfondimenti previsti dalle lauree magistrali. Queste ultime indirizzano lo studente non solo verso l’ambito clinico, affinché diventino psicoterapeuti (sebbene per questo sia poi necessario frequentare una scuola di specializzazione), ma anche verso numerosi interessanti campi applicativi come la psicologia scolastica, giuridica e penitenziaria, sportiva, del lavoro e delle organizzazioni, dello sviluppo, ecc… La recentissima introduzione delle lauree abilitanti fa sì che al conseguimento della laurea, sia triennale che magistrale, lo studente abbia già svolto un tirocinio professionalizzante e non debba più, come in passato, superare un Esame di Abilitazione, potendo pertanto inserirsi più rapidamente nel mondo del lavoro.

Ritiene che Psicologia sia accessibile a tutti? 

La psicologia è un settore disciplinare che può essere attrattivo per la grande maggioranza degli studenti, dal momento che affronta tematiche di notevole rilevanza umanistica prevalentemente attraverso i metodi delle neuroscienze; quindi, sia gli studenti che provengono da istituti classici che scientifici dispongono di strumenti in grado di farli ambientare rapidamente nella psicologia. Personalmente sono convinto che, giacché lo strumento di lavoro principale dello psicologo è la parola, gli studenti che si avvicinano agli studi psicologici dovrebbero possedere delle adeguate competenze linguistiche, sia sul piano della comprensione che dell’espressione. In ogni caso, la didattica universitaria pone particolare attenzione a questi aspetti e consente di lavorarci su anche con chi non li abbia adeguatamente potenziati nel corso degli studi superiori.

Come ha scelto la sua formazione?

La mia formazione è un esempio singolare di orientamento “in itinere” e di proficui cambi di direzione, ma anche un esempio delle comunanze che la Psicologia ha con altre discipline. Infatti in realtà io sono medico, in seguito a una scelta universitaria indirizzata soprattutto da motivi familiari. Tuttavia ben presto capii che il mio interesse per “l’uomo” nella sua complessità superava parecchio quello per i soli disturbi degli organi che lo compongono e fu dunque del tutto naturale, una volta laureato, decidere di specializzarmi in Psichiatria. Durante gli anni di specializzazione decisi di intraprendere la carriera universitaria. Per varie vicende accademiche, tra cui un periodo di studio e formazione in Svezia in ambito psicosociale e il successivo Dottorato di Ricerca conseguito alla Facoltà di Psicologia di Firenze, tale carriera mi condusse a “incardinarmi” nella Psicologia, che ormai frequento con gioia da 23 anni.

Si parla sempre di più di diritto al benessere mentale per gli studenti. Crede che tale necessità sia sempre più sentita nella nostra società? 

Il benessere psicologico è ovviamente fondamentale per qualsiasi individuo. Mi pare però importante sottolineare che la condizione dello studente comporta delle difficoltà specifiche, legate ad esempio alla necessità di costruire un futuro a medio/lungo termine senza gratificazioni economiche immediate (quindi con una ridotta autonomia), con tutti i dubbi e le incertezze relativi a un mercato del lavoro che è percepito come ristretto e poco accogliente. Da docenti sovente veniamo a conoscenza di casi di studenti che manifestano un’intensa sofferenza psicologica e siamo convinti che tale sofferenza sia spesso ingiustamente sottovalutata: proprio per questo motivo, molti Dipartimenti (tra cui il mio, quello di Psicologia all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli) si sono dotati di Centri di Ascolto per intercettare richieste di aiuto psicologico e indirizzare verso quelle figure che possono farsene carico.

Quale consiglio darebbe alle future matricole? 

I giovani aspiranti psicologi sono spesso sorpresi, all’inizio, da uno studio così variegato e pieno di input di vario genere. Per non sentirsi confusi, gli suggerisco di vivere il più possibile l’Università: innanzitutto, è a lezione che i docenti cercano di indicare nel modo più chiaro i collegamenti tra i vari temi, operando altresì una prima selezione all’interno degli stessi; in secondo luogo, perché il contatto con i colleghi riesce non di rado a far sentire normali e non mortificanti i dubbi e le domande che nascono al primo incontro con una materia così vasta. Consiglio inoltre alle matricole di allargare il più possibile i propri orizzonti culturali, non limitandosi esclusivamente allo studio dei libri di testo, ma dedicando tempo alle loro passioni e alle relazioni umane. Insomma, alla “vita vissuta”, che nessun manuale può insegnare a comprendere fino in fondo senza l’esperienza.

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