Un passepartout per il mondo del lavoro: i consigli dei prof per chi vuole laurearsi in Lingue

Intervista a Mariagrazia Russo, preside della Facoltà di Interpretariato e Traduzione Università degli Studi Internazionali di Roma.

La conoscenza di una lingua straniera per aprire tutte le porte del mondo del lavoro: ne è convinta Mariagrazia Russo, preside della Facoltà di Interpretariato e Traduzione Università degli Studi Internazionali di Roma – UNINT.

Quali sono le motivazioni che dovrebbero spingere uno studente a scegliere il Corso di Lingue?

La conoscenza delle lingue straniere aiuta a entrare in contatto con il mondo per comprendere a fondo le culture, gli usi e i costumi, senza accontentarsi di uno zaino in spalla, del panino e della bibita da consumare in un bar o tra quattro persone incontrate per caso. La conoscenza della lingua permette di viaggiare per il mondo in un modo consapevole, rendendoci capaci di guardare la realtà con gli stessi occhi con i quali la vede l’altro che in quella realtà vive, lavora, studia. Le amicizie che si creano in questi contesti sono durature e potranno essere portate avanti per la vita perché si fondano su solide basi culturali. Quando si conosce davvero a fondo una lingua crescono le opportunità di inserirsi nel mondo del lavoro e aumentano le capacità di affrontare nuove sfide professionali – qualsiasi esse siano. La persona bilingue o multilingue è senz’altro un individuo capace di comprendere e apprezzare anche le differenze dell’altro: il traduttore, l’interprete, il mediatore culturale sono i ponti delle nostre società, sono coloro che possono mettere in connessione più mondi per un cammino verso l’intercomprensione e la condivisione. È importante però anche saper scegliere l’ateneo che sappia garantire una comprensione profonda degli aspetti sia linguistici sia culturali e che sappia, attraverso le attività integrative, stimolare gli studenti al giusto entusiasmo, necessario per scoprire i mondi nuovi che lo studente deve conoscere.

Ci può spiegare la differenza tra i corsi di studi linguistici nel suo ateneo?

Nel nostro ateneo, l’Università degli Studi Internazionali di Roma – UNINT, la cui formazione linguistica è riconosciuta a livello internazionale (siamo membri della CIUTI, dell’EMT, dello SCIC, e anche il CENSIS ha riconosciuto e apprezzato notevolmente le nostre capacità di insegnamento linguistico), si insegnano le lingue a tutti i livelli: nella triennale (dove proponiamo corsi bilingui o trilingui per 8 lingue con il medesimo numero di crediti – quindi con una medesima preparazione da parte degli studenti per tutte le lingue scelte), magistrali (dove formiamo interpreti e traduttori professionisti), dottorali (dove la componente linguistica è molto forte), corsi di specializzazione, perfezionamento, master, ecc. in cui l’apprendimento di una lingua straniera è in primo piano. E la lingua straniera è insegnata ad alto livello non solo nella facoltà di Interpretariato e traduzione, ma anche nelle facoltà di Economia e di Scienze della politica e delle dinamiche psico-sociali dell’ateneo che proprio all’apprendimento linguistico dedicano ampio spazio. Se si considera in particolare il corso triennale (L-12) sarà da tenere in considerazione la formazione che sin dal primo anno viene offerta agli studenti avviandoli verso la professione del mediatore linguistico e culturale avanzato (curiamo in particolare l’approccio all’interpretariato e alla traduzione in diversi settori), verso l’inserimento nel mondo del lavoro orientato all’accoglienza dei migranti che sappiamo essere sempre più impellente nel nostro territorio, verso la comunicazione a più ampio spettro. Nel percorso magistrale, poi, sviluppiamo da un lato la professione di interprete in tutte le sue modalità (dialogica/trattativa, consecutiva, simultanea, chuchotage anche con sistemi online), dall’altro quella del traduttore in vari campi del sapere. Il tutto attraverso le nuove tecnologie, rilasciando certificazioni proprie che attestino la conoscenza dei nuovi strumenti del mestiere. Oggi non si traduce più con il dizionario come ai miei tempi, si deve necessariamente usare la tecnologia, capace di aumentare notevolmente la performance del traduttore come dell’interprete. Non da ultimo il nostro ateneo sviluppa l’aspetto della didattica della lingua straniera (LM-37) così come dell’italiano, individuando anche ulteriori percorsi come quello del turismo e dell’editoria e del giornalismo digitali. Segnalerei anche l’ampio spazio che dedichiamo alla lingua dei segni italiana (e in magistrale anche all’interpretariato della lingua inglese da e verso la lingua dei segni italiana). Nel campo dell’Alta formazione mi preme solo segnalare che siamo sempre più specializzati nell’ambito del doppiaggio e della sottotitolazione. Insomma credo che in questi anni il nostro ateneo si sia sempre più specializzato nella formazione linguistica a tutto tondo: la lingua è un percorso che deve essere affrontato con passione, e per questo non devono mai mancare stimoli nuovi da fornire agli studenti.

Lei come scelse il suo percorso formativo e perché?

In realtà mi sono sempre piaciute le lingue: da piccolina giocavo davanti al mappamondo, parlando con qualcuno di invisibile al quale raccontavo i miei viaggi per il mondo senza sapere assolutamente cosa vi fosse in quelle zone. Erano solo luoghi e nomi che leggevo su una palla che girava… Poi con il crescere capii che quella passione forse era genetica visto che provenivo da una famiglia mezza svizzera. Di tutto questo percorso ricordo solo che un giorno mio padre mi disse: «le lingue ti salveranno la vita, se conosci le lingue puoi vincere il mondo». A lui la conoscenza del tedesco (madre svizzera, appunto) aveva salvato la vita in campo di concentramento (preso prigioniero in una retata romana), fungeva da interprete tra i prigionieri e gli SS in Germania. Una storia personale scoperta molto tardi, ma sedimentata, chissà, tra le cellule del corpo o tra le pieghe di qualche conversazione… Fatto sta che ho sempre creduto che la conoscenza della lingua mi avrebbe aperto le strade del mondo, in un modo o nell’altro. E così è stato: per me come per tutti i laureati della nostra università. È un punto fermo al quale ho sempre creduto e continuo a credere. E sono lieta di vedere che riesco a trasmettere questa passione anche ai miei studenti…

Quali sono gli sbocchi professionali a cui uno studente può ambire scegliendo questo percorso di studi?

Come dicevo, chi conosce bene una lingua non deve temere nulla: il mondo gli si spalanca di fronte. Ma deve amarla / amarle, assaporarle giorno dopo giorno, non stancarsi mai di curiosare tra giornali, radio, televisione alla ricerca di qualcosa che si ricolleghi a quello che sta studiando. Non deve mancargli mai l’entusiasmo di farsi penetrare quella lingua nei pori della pelle: mio marito mi dice che quando parlo lingue diverse cambiano l’espressione, la postura, il tono… ecco, bisogna assorbire il diverso da noi per riuscire a diventare un tutt’uno con la realtà cui andiamo incontro. E allora non c’è professione che non si potrà fare. Certo la L-12 forma mediatori linguistici, la LM-94 interpreti e traduttori professionisti, la LM-37 professori e personale specializzato nel campo dell’editoria, del giornalismo e del turismo: ma tutto questo è riduttivo, perché potrei menzionare decine di lavori che i nostri laureati stanno ora svolgendo che non avevamo mai neppure ipotizzato potessero fare. Eppure, sono lì e sono stati selezionati: proprio loro perché conoscevano bene quel che avevano studiato…

Quale consiglio darebbe alle matricole?

Un unico consiglio: vivere nell’entusiasmo di quello che si fa. Anche facendo un uovo sodo in casa: usare l’entusiasmo e tutto riuscirà meglio. Gusto, passione, vivacità: vivere la vita senza paura, affrontarla insieme ai compagni che si troveranno in classe, crescere insieme condividendo con loro fatiche, speranze e promesse, arrivare a meta portando sempre avanti il proprio sogno senza permettere a nessuno di spegnerlo.

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