Dottorandi e ricercatori italiani scrivono alla Crui: “Adeguare l’importo al costo della vita”. Ecco la busta paga

Servono duecento milioni di euro annui per portare la borsa di dottorato al pari di quelle europee. Cento milioni di euro per un adeguamento minimale INPS.

Servono duecento milioni di euro annui per portare la borsa di dottorato al pari di quelle europee. Cento milioni di euro per un adeguamento minimale INPS per compensare la perdita di potere d’acquisto dovuto all’inflazione. Sono le richieste che l’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia ha consegnato in una lettera alla Conferenza dei Rettori delle Università italiane (CRUI). “Se il dottorato di ricerca è un “impegno a tempo pieno ed esclusivo” come affermato dal Decreto ministeriale che novella la disciplina generale del dottorato di ricerca, il percorso di dottorato necessita di un adeguato sostegno economico che valorizzi adeguatamente studentesse e studenti laureati che intendano svolgere tale percorso d’eccellenza e di alta qualificazione alla ricerca nelle sue varie declinazioni”, scrive l’ADI. Al momento la borsa mensile di dottorato è di circa 1.195 euro, al netto del carico contributivo, mentre l’importo lordo annuale è di 16.243 euro. Uno stipendio quasi al di sotto della soglia di povertà se pensiamo che l’Istat stima a 1.194,74 euro la soglia minima di povertà in una regione come la Lombardia.

La perdita di potere d’acquisto dei ricercatori

Negli ultimi anni il legislatore non è stato a guardare, ma i passi fatti sono stati esigui e vanificati dall’inflazione e costo della vita aumentato, soprattutto nelle principali città italiane. L’adeguamento all’inflazione da parte dell’ente previdenziale, tuttavia, ha incrementato significativamente il minimale già l’anno successivo: nel 2023, il minimale era fissato a 17.504 euro, mentre nel 2024 si sono raggiunti i 18.415 euro netti, un aumento del 13,3% rispetto al valore di due anni fa. Ma “nonostante questi aggiustamenti, Il potere d’acquisto di dottorande e dottorandi ha subito una perdita netta del 9% negli ultimi anni, drammaticamente acuita dalla pandemia COVID-19, dalle sue conseguenze economiche e dalla spirale inflazionistica del 2023-2024”, scrivono i ricercatori. Proprio lo scorso anno destò indignazione un vademecum pubblicato e poi rimorro dall’Università di Verona sul costo della vita dei dottorandi in cui veniva evidenziato che questi ultimi “devono avere una propria disponibilità finanziaria per essere in grado di far fronte a qualsiasi tipo di spesa connessa alla propria permanenza a Verona durante il Corso di Dottorato”.

La problematica era stata affrontata già in gennaio quando l’ADI aveva presentato in Parlamento l’XI Indagine annuale sulla situazione dei ricercatori in Italia dove denunciava “sfruttamento e nessun riconoscimento lavorativo”. Con una borsa di dottorato di appena 1200 euro mensili che finivano per la maggior parte per gli affitti fuorisede cresciuti a dismisura nelle città italiane. “L’impossibilità di programmare tutto il comparto del pre-ruolo perché c’è incertezza sugli strumenti che si possono utilizzare per inquadrare dignitosamente il contratto di ricerca. L’assegno è stato condannato dall’Europa perché è iniquo ed è un unicum nel postdoc internazionale”, aveva dichiarato Rosa Fioravante, segretaria nazionale ADI.

Agganciare la borsa di dottorato al minimo contributi INPS

I ricercatori italiani chiedono quindi “un aumento per riagganciare la borsa di dottorato al minimale contributivo corrisponderebbe a una compensazione della perdita di potere d’acquisto dovuta all’inflazione”. Un importo netto pari a 1.354,80 euro al mese, abbattuti i costi dell’inflazione. Ma questo non sarebbe sufficiente. “Il limite minimo per la la sostenibilità economica, che porterebbe il potere d’acquisto dei dottorandi e delle dottorande in Italia al pari di quello di figure equivalenti nei principali Paesi europei, è quello di 1.500 euro netti al mese, corrispondenti a un importo lordo annuale di 20.345,40 euro.

Quanto costerebbe questo al sistema universitario italiano? “Considerando l’aliquota del 33% fissata per il 2024 (con un’aliquota aggiuntiva del 2,03% per le indennità di maternità, malattia e disoccupazione a carico del dottorando o della dottoranda) – scrivono i ricercatori nella lettera inviata alla Crui – il contributo aggiuntivo per l’ente è del 22%, con un carico annuale per l’ente di 19.404,51 euro. Si considerano inoltre i costi aggiuntivi dovuti a un anno di copertura della maggiorazione del 50% per il periodo all’estero, comprensivi della relativa copertura contributiva, e al budget di ricerca del 10% spettante di diritto a dottorandi e dottorande. L’adeguamento al minimale INPS raggiungerebbe un costo totale di 27,507,32 euro annui con un aumento del 13,34% del costo totale. Mentre per raggiungere “quota 1.500 euro” servirebbe un aumento del 25,25% del costo totale rispetto i valori attuali.

Secondo i calcoli di ADI il costo sarebbe altamente variabile a seconda delle dimensioni degli atenei, ma si assesterebbe sotto i 100 milioni annui a livello nazionale per l’adeguamento al minimale INPS e sotto i 200 milioni annui per “quota 1.500”. Ma questo considerando il caso peggiore, cioè in cui i fondi pubblici debbano coprire interamente gli aumenti (senza quindi finanziamenti di fondazioni private e progetti di ricerca di aziende come invece oggi è in parte finanziata la ricerca in Italia). Inoltre i dottorandi mettono il punto sulla “bolla PNRR”: se si considera, infatti, che la fine del finanziamento non strutturale, cresciuto del 30%, terminerà nel 2025, “il costo si ridurrà proporzionalmente alla diminuzione dei posti”.

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