Il primo rapporto dei ricercatori dell’Insubria descrive l’evoluzione dei fenomeni geologici innescati dalla sequenza sismica in corso
Continua il monitoraggio dei ricercatori dell’Università dell’Insubria nelle zone emiliane colpite dal terremoto. I ricercatori del Dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia dell’Università dell’Insubria, partecipano dal 21 maggio ai rilievi sul terreno in fase emergenziale per valutare l’andamento della crisi sismica, in collaborazione con ISPRA, INGV e Uni Modena.
E mentre le scosse si riacutizzano (oggi Mw 5.8) arriva il primo rapporto sul sisma del 20 maggio. Il dato più rilevante che emerge dal rapporto è che la maggior parte dei danni è stata causata non direttamente dallo scuotimento sismico, bensì dagli effetti ambientali del terremoto, fratture e liquefazioni e fenomeni di sprofondamento, in taluni casi così rilevanti, come ad esempio nel piccolo centro di San Carlo, da determinare l’evacuazione di gran parte dell’abitato.
«Siamo costantemente sul posto – sottolinea Alessandro Michetti, docente di geologia dell’Università dell’Insubria – per garantire un monitoraggio continuo della situazione in Emilia. La scossa di oggi si è avvertita in tutto il Nord Italia perché è stata più profonda di quella del 20 maggio: l’evoluzione della crisi sismica si è rivelata piuttosto lunga e complessa, nel rapporto avevamo evidenziato che con i dati in nostro possesso non si potevano escludere nell’area epicentrale del terremoto scosse di Magnitudo intorno a 6.0-6.5 e quindi Intensità del IX grado MCS, e purtroppo la scossa di oggi ne è una conferma».
Le indagini nell’area epicentrale continueranno nelle prossime settimane, al fine di cartografare in dettaglio tutti i fenomeni geologici, geomorfologici e idrogeologici prodotti durante la sequenza sismica.