Pnrr, Messa: “Senza riforma sistema universitario il Next Generation EU sarà inutile”

Per il comparto universitario e di ricerca il Governo ha previsto nel pnrr circa 14 miliardi spalmati in cinque anni

Il rilancio del sistema accademico e di ricerca italiano è legato alla riforma del sistema universitario. Lo ha ribadito la ministra dell’Università e della Ricerca, Cristina Messa, durante il confronto con Flc Cgil sulle iniziative promosse dal Governo per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che dovrà essere approvato nelle prossime settimane e presentato all‘Europa entro la fine di aprile.

“Dobbiamo utilizzare questi fondi come un volano in modo da fare investimenti che partono dalle criticità del nostro sistema: spesa in ricerca e sviluppo, numero di ricercatori sia nel pubblico che nel privato, l’età media dei docenti e ricercatori, il numero dei laureati troppo basso”, ha affermato la ministra che poi ha ricordato come “tutto ciò non si potrà fare senza le riforme di semplificazione delle norme in campo universitario e di ricerca il piano sarà inutile”.

La riforma del sistema universitario è in discussione da due anni in Commissione Cultura del Parlamento e pevede un sistema “più europeo” per la formazione di docenti e ricercatori italiano. “L’intervento pubblico deve favorire gli investimenti privati e ciò è possibile solo se lo Stato sceglie un ruolo fondamentale di innovatore senza tentennamenti”, ha affermato il segretario Francesco Sinopoli (Flc Cgil). L’organizzazione sindacale ha ribadito in più parti dell’icontro come sia fondamentale nella futura concezione di fare ricerca introdurre l’importanza della multidisciplinarietà e dare spazio ai giovani.

Per il comparto universitario e di ricerca il Governo ha previsto nel pnrr circa 14 miliardi, spalmati in cinque anni. “Il 37% è stato investito in ricerca a progetti a bando. Sono quasi 500 milioni l’anno. Con un’attenzione ad includere donne, giovani e multidisciplinarietà“. Mentre il 21% andranno all’assunzione di ricercatori, docenti e formazione universitaria. L’11% andrà su infrastrutture di ricerca, la maggior parte già esistenti e una percentuale andrà su strutture nuove dove “saranno previsti in questo caso dei contributi privati”.

Una parte minore andrà agli studenti: “Il 17% dei fondi del Next Generation EU andrà al welfare studentesco come il diritto allo studio – ha affermato la ministra – Ma sarà un investimento che bisognerà rivedere perché l’Europa richiede più fondi da investire di quelli che abbiamo previsto nel piano”. Da questo punto di vista la ministra ha sottolineato come “i fondi del welfare studentesco dovranno essere legati ad investimenti strutturali dell’Italia”.

“Molto del programma che sto portando avanti al ministero – ha continuato la ministra – riguarda i giovani nella ricerca. Dobbiamo far entrare nel vivo della ricerca i nostri giovani, assegnandogli le responsabilità dei progetti. È un percorso lungo quello della ricerca e negli ultimi anni quanto più imprevedibile, proseguendo a fasi progettuali e occupandoci solo in seguito del futuro”.

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