Ricerca, gap salariale di genere e poca attrattività degli stranieri. Carrozza: “Aiutare imprese a capire come il dottorato possa cambiare la loro organizzazione in meglio”

Presentata oggi la terza edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione” in Italia dove è in corso una lieve ripresa della spesa per ricerca e sviluppo in rapporto al PIL, del personale addetto e si conferma una quantità di pubblicazioni scientifiche significativa. Restano critici la quota di popolazione con il dottorato di ricerca, quella di donne nelle STEM e il divario salariale di genere. “Superare alcune vecchie logiche”, raccomanda il ministro dell’Università e ricerca Maria Cristina Messa. “Il Cnr deve combinare il ruolo di fare ricerca e l’azione di agenzia”, osserva la presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, Maria Chiara Carrozza.

Le risorse in campo per la ricerca

Complessivamente le risorse destinante alla ricerca e sviluppo previste nel PNRR ammontano a circa 17 miliardi di euro, circa il 7,5% complessivo delle risorse totali. La maggior parte si concentrano su ricerca applicata e sviluppo sperimentale (circa 10 miliardi), ricerca di base (4 miliardi), azioni trasversali e di supporto (1,88 miliardi) e trasferimento tecnologico (380 milioni).

Per quanto riguarda i Programmi Quadro europei, il nostro paese contribuisce al bilancio per la ricerca comunitaria con il 12,5%, ma i finanziamenti che ritornano sono pari a solo l’8,7%. Ciò dipende anche dal fatto che i ricercatori in Italia sono meno che nei nostri partner (6 su mille unità di forza lavoro, contro oltre 10 in Francia e Germania). Bisogna però anche aumentare il tasso di successo, specie nel coordinamento delle proposte, che nel nostro paese è pari all’8,6%, mentre per Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi e Belgio si attesta tra il 14 e il 15%.

Il gap con l’Europa

Solo lo 0,5% della popolazione in età lavorativa in Italia ha il dottorato di ricerca, contro l’1,2 della media dell’Unione. Anche gli iscritti al dottorato sono assai meno che nella media dell’UE: lo 0,14% contro lo 0,28%. È necessario aumentare il numero di coloro che conseguono il titolo di dottore di ricerca, circa 10 mila studenti l’anno, con migliori prospettive, per compiere un salto nella specializzazione tecnologica e produttiva verso settori e industrie a più elevato contenuto di conoscenza.

La competizione interna per l’acquisizione di fondi a livello internazionale produce ‘circoli chiusi’ disciplinari e alimenta le disuguaglianze territoriali. Per i progetti nel settore Scienze della Vita, estremamente innovativo e attrattivo, esiste una forte polarizzazione tra Nord e Sud, con una disparità evidente anche in relazione al Pil pro-capite. Considerando le province nella fascia alta come nodi di collaborazioni internazionali, la provincia di Milano è la più ricca ed è al primo posto come Hub di conoscenza, a seguire con notevole distacco Bologna, Roma e Firenze. Le poche province del Mezzogiorno in fascia alta presentano un Pil pro-capite nettamente inferiore rispetto al Centro-Nord, con effetti negativi sul ruolo che possono giocare nello spazio della conoscenza

Gap salariale di genere e pochi ricercatori stranieri

La quota di donne è cresciuta e rappresenta più della metà dei dottori di ricerca. Si riscontra tuttavia una polarizzazione, gli uomini coprono il 60% dei posti nelle STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e le donne il 58% nelle altre materie. Si riscontra inoltre un gap salariale pari a circa 312 euro mensili in Italia e 209 all’estero, che esplode nelle scienze mediche, dove gli uomini, dopo 4-6 anni dal conseguimento del titolo, guadagnano addirittura 704 euro in più delle donne.

Una parte notevole dei nostri studenti svolge il dottorato all’estero. Solamente in Austria, Francia, Spagna, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti ci sono più di 12 mila studenti italiani frequentanti corsi di dottorato. L’Italia ospita studenti da altri paesi in una quota pari al 15,7%, molto inferiore a Paesi Bassi (44,0%), Belgio (41,4), Regno Unito (42,5) e Francia (38,2%). Gli studenti in Italia provengono principalmente da paesi emergenti, i primi tre sono Iran, Cina e India. Molti dottori di ricerca in Italia trovano occupazione all’estero, circa il 13% dopo qualche anno, testimoniando la buona qualità della formazione ricevuta. I settori dove è più forte l’esodo sono proprio le STEM: il 32% nelle Scienze fisiche, il 27% in Scienze matematiche e informatiche, il 19% in Ingegneria industriale e dell’informazione. Non sorprende questa collocazione professionale fuori d’Italia: dopo 6 anni dal conseguimento del titolo, il reddito medio mensile è pari a 1.679 euro in Italia e 2.700 euro all’estero.

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