Riapertura scuola, la protesta dei prof: "Pagheranno i ragazzi la scelta di aver riaperto tutto"

Riapertura scuola, la protesta dei prof: “Pagheranno i ragazzi la scelta di aver riaperto tutto”

Il Natale è alle porte ed ogni giorno che si avvicina si allontana la possiblità di riaprire la scuola il 7 gennaio, c’è chi pensa addirittura ad uno slittamento di 15 giorni. Intanto la ministra Lucia Azzolina lavora per far tornare tra i banchi gli studenti delle superiori, il suo obiettivo non è cambiato. Ma i dubbi nella compagine di maggioranza avanzano. Il ministero all’Istruzione farà il punto a fine anno per capire se il Dpcm che ha fissato la data reggerà. Ci sono i tavoli coi prefetti in corso per risolvere il nodo trasporti. Intanto i presidi temono lo stop and go e insistono: “Prioritario è potenziare il sistema dei trasporti”. Mentre il Comitato Priorità alla scuola non ci sta proprio e il 23 dicembre, ultimo giorno di lezioni prima delle vacanze, tappezzerà gli istituti in tutta Italia con cartelloni e striscioni e la scritta: “Ci si vede il 7”

Alcune province hanno già chiuso accordi coi Prefetti, ma i tavoli più complicati nelle metropoli arrancano per oggettive difficoltà a trovare la quadra su orari di ingresso e trasporti. E rimane ancora aperto il problema del tracciamento dei contagi nelle classi, andato in tilt nei mesi di apertura. “Si farà pagare alle scuole la scelta di aver riaperto tutto, il contrario di quello che ha fatto la Merkel – dice Costanza Margiotta voce di Priorità alla scuola – Un’altra volta l’istruzione viene messa all’ultimo posto, non è possibile. Mi chiedo come non si possano vedere i disagi creati nei ragazzi. Continueremo a mobilitarci affinche ciò non avvenga, e siamo sempre di più”.

“Per quanto riguarda la risalita dei contagi e un eventuale slittamento della ripresa delle lezioni presenza, ci rimettiamo ovviamente a quanto decideranno le autorità sanitarie – dichiara Antonello Giannellipresidente Anp – chiarito questo, siamo ovviamente favorevoli a un ritorno in classe duraturo e in sicurezza, da valutare con serenità e obiettività. In questa fase è fondamentale il lavoro dei tavoli provinciali presso le Prefetture a cui i dirigenti scolastici possono dare un contributo fondamentale. Si tratta di una sede di confronto e decisione multilaterale perché, anche all’interno di una stessa provincia ci sono contesti molto diversi tra loro che, di conseguenza, richiedono soluzioni diversificate.  L’autonomia scolastica è, in circostanze come questa, una importante risorsa da valorizzare. Prioritario è, lo ripetiamo, il potenziamento del sistema del trasporto pubblico”.

Intervistato da Carta Bianca, su Rai Tre, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo è stato chiaro: “Credo che una decisione di serrare le fila dovrà essere presa, anche perché ci proiettiamo verso il 7 gennaio che è una data importante perché i ragazzi dovrebbero tornare a scuola”. “Dieci milioni di persone che si muovono sono un rischio potenziale – ha spiegato, riferendosi agli spostamenti legati al ritorno a scuola – ma non possiamo pensare di tenere i nostri ragazzi ancora a casa fino alla fine dell’anno scolastico. Bisogna lavorare, il governo sta lavorando, le prefetture stanno lavorando, per dare risposte. Il problema è che i ragazzi tornano a scuola solo se ci sono le condizioni di sicurezza”.

Ieri il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, in conferenza stampa sull’analisi della situazione epidemiologica, ha messo le mani avanti: “La riapertura delle scuole è un traguardo che tutti auspicano avvenga il prima possibile, magari dopo le feste, ma è ancora presto per dire quando riaprire le scuole superiori. Dobbiamo tenere bassa la circolazione virale”.

Le Regioni frenano. Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia solo due giorni fa è stato netto: “È azzardato e sbagliato, mentre l’Europa si sta riorientando ai lockdown, riaprire le scuole. Io non ce l’ho con la scuola, ma la scuola va messa in presenza quando abbiamo una situazione epidemiologica sicura”. la tentazione è chiedere delle proroghe o riaprire ma non al 75% in presenza . “La riapertura non è in discussione ma lo è, piuttosto, il fatto se il 75% di didattica in presenza sia sostenibile o meno – afferma il presidente del Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga – Per organizzare al meglio il rientro forse sarebbe meglio prendersi una settimana in più ma arrivare fino alla fondo, perché ulteriori ‘stop and gò sarebbero deleteri per la formazione dei ragazzi”.

In Emilia-Romagna i dati, diffusi dall’assessorato regionale alla Scuola, raccontano che se anche gli studenti seguono la didattica a distanza, il numero dei contagiati tra i ragazzi delle superiori continua a salire, superando quota 2 mila. Numeri che fanno dire all’assessore alla salute Raffaele Donini: “Giusto prevedere ulteriori misure di contenimento dell’epidemia, troppe contraddizioni”. L’11 dicembre, dopo più di un mese di didattica a distanza, gli studenti delle superiori positivi in regione erano 2.104. Il 29 ottobre lo stesso indicatore era fermo a quota 781. Sostanzialmente durante il periodo di Dad i contagi sono triplicati. Un dato che ha una doppia valenza: quella di incoraggiare verso la ripresa delle lezioni il 7 gennaio, mostrando la scuola come un luogo che non agisce come moltiplicatore dell’infezione.

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