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Glocus le professioni del futuro Entro il 2015 in Europa rimarranno vacanti 900mila posti di lavoro e tra i mestieri più ricercati ci sarà senz’altro quello dell’operaio 2.0 che sa utilizzare le nuove tecnologie prima ancora che i vecchi arnesi di lavoro. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Professioni e Lavoro nel 21esimo secolo’ curato da Glocus e presentato questa mattina a Roma. Secondo lo studio mancheranno all’appello: tutte le nuove professioni create dall’economia digitale e di cui l’Italia è carente. Basti pensare che l’Internet Economy italiana contribuisce alla formazione del Pil nella misura di appena il 2%, circa 32 miliardi di euro, (studio McKinsey) rispetto alla media europea del 4% con picchi del 7% in paesi come Germania e Nord Europa. Se raggiungessimo la media europea è come se avessimo ogni anno 4 finanziarie italiane
“L’unico modo per uscire da una situazione che vede il tasso di disoccupazione giovanile italiano al 40,5% – si legge nel rapporto – è quello di riallineare l’offerta di lavoro alla domanda del mercato, riformando alla base il sistema dell’istruzione e della formazione”.
Prima ancora di parlare di bonus ed incentivi alle imprese dunque, il Senatore Pietro Ichino punta il dito verso una formazione ancora carente: “Il vero ritardo dell’Italia è nell’orientamento. Guardiamo ad esempio all’offerta di lavoro che ogni regione presenta: una decina di posti restano puntualmente scoperti e questo perché manca una manodopera qualificata”.
Glocus infatti propone, accanto ad una prioritaria riforma del diritto del lavoro e all’introduzione della formula contrattuale della flexsecurity, anche una profonda riorganizzazione dell’istruzione, a partire già dai cicli della prima infanzia, importando modelli che hanno registrato successi negli altri paesi: dal sistema dei tirocini in Germania alla digitalizzazione della didattica universitaria.
“Per crescere bisogna puntare su un welfare più dignitoso, guardando agli altri paesi europei e facendo investimenti concreti in settori strategici, quali può essere ad esempio l’istruzione – ha detto il Sottosegretario al welfare Carlo dell’Aringa che ha poi aggiunto – Ogni anno spendiamo dai 2/3 miliardi solo per l’apprendistato per non parlare degli aiuti economici ai lavoratori. Ma il vero problema è alla base: dobbiamo ripensare ad una formazione mirata”