Scuola vicina al collasso. E’ questo il rischio dopo le riforme che hanno svuotato di risorse le Province italiane, istituzioni territoriali rimaste in piedi come fantasmi, impoverite fino all’osso per quanto riguarda autonomia e sostanza economica, eppure ancora ricche di competenze. L’allarme viene lanciato da un pezzo del Fatto Quotidiano, che pone l’attenzione sulla disastrosa situazione riscontrabile a ogni latitudine del paese.
Alle Province resta infatti la competenza sul mantenimento delle scuole secondarie, ma di fatto non hanno più le risorse per mandarle avanti, dopo che il governo Monti, e poi la riforma Delrio, hanno lasciato l’ente pubblico provinciale col portafoglio svuotato, in previsione di quello smantellamento annunciato da Renzi ma ancora non completato fino all’abolizione. Il quadro che ne viene fuori è piuttosto allarmante: in città come Verona, Venezia, Biella e Taranto i presidi hanno dovuto far ricorso alle tasse delle famiglie per poter pagare le bollette. Oppure chiedere un contributo volontario ai genitori stessi, procedendo intanto con un anticipo di cassa.
E la sofferenza è destinata a peggiorare, considerati gli ulteriori tagli previsti a partire da quest’anno nella legge di stabilità. Così le Province, che finora sono riuscite a garantire solo una piccola parte delle cifre necessarie a coprire i costi amministrativi delle scuole secondarie, difficilmente avranno modo di elargire anche solo un euro. Parliamo di 5 mila edifici interessati e 2,5 milioni di studenti.
La soluzione dovrebbe essere contenuta nella redistribuzione delle competenze con gli altri Enti pubblici. Operazione che doveva avvenire entro la fine del 2014, scadenza alla quale solo la Regione Toscana è riuscita ad approvare un testo. Scadenza allora prorogata al 30 aprile 2015, anche se allo stato attuale in alcune realtà la discussione del testo non è nemmeno iniziata. E a parte le collette, non si vedono all’orizzonte altre grandi possibilità.
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