Processo Regeni, il procuratore: “Agenti egiziani non sono qui sperando che il procedimento non vada avanti”

Nell’aula bunker di Rebibbia inizia il procedimento nei confronti degli agenti della National Security egiziana considerati i responsabili, a vario titolo, del sequestro, della tortura e dell’uccisione del ricercatore di Fiumicello. Dai depistaggi del Cairo, allo scontro tra le Procure, fino alla decisione della Presidenza del Consiglio di costituirsi parte civile

Un processo necessario che potrebbe individuare i responsabili del sequestro, della tortura e dell’uccisione, quasi sei anni fa, di Giulio Regeni, che difficilmente saranno puniti. La prima udienza che si apre oggi nell’aula bunker di Rebibbia vede imputati i quattro agenti della National Security egiziana che i pm di Roma ritengono gli esecutori materiali, a vario titolo, del rapimento e dell’uccisione del ricercatore di Fiumicello, scomparso il 25 gennaio del 2015 poco dopo essere uscito di casa e il cui corpo martoriato è stato ritrovato circa una settimana dopo, il 3 febbraio, lungo l’autostrada del deserto che collega Il Cairo ad Alessandria.

“Siamo in presenza di un’azione complessiva: sistematicamente dal febbraio 2016 i quattro imputati e alcuni loro colleghi hanno posto in atto azioni finalizzate a bloccare e rallentare le indagini ed evitare che il processo in Italia avesse luogo. Da parte loro per cinque anni c’è stata una volontaria sottrazione”. Così il procuratore aggiunto di Roma Sergio Colaiocco affrontando, in apertura dell’udienza, la questione dell’assenza degli imputati.

I quattro agenti accusati al processo Regeni

“Vogliono fuggire dal processo – ha spiegato – sono finti inconsapevoli”. E ancora: “Qui non abbiamo una prova regina, una intercettazione telefonica. Ma ci sono almeno 13 elementi che dal 2016 a oggi, se messi insieme, fanno emergere che gli agenti si sono volontariamente sottratti al processo – ha sottolineato Colaiocco – E’ negli atti anche un corposo dossier che raccoglie articoli di stampa, online, televisivi che hanno dato notizia del procedimento sulla morte di Giulio Regeni. Notizia che ha avuto eco in tutto il mondo”.

La questione dell’assenza degli imputati è già stata affrontata dal giudice dell’indagine preliminare – ha ricordato – che ha ritenuto come l’assenza non dovesse bloccare il processo. La domanda è: perché gli imputati non sono presenti qui in questa aula, sono inconsapevoli o finti inconsapevoli? L’imputato ha diritto ad avere tutte le notifiche del processo ma anche il dovere di eleggere il proprio domicilio. L’Egitto su questo punto non ha mai risposto alla rogatoria italiana. In generale su 64 rogatorie inoltrate 39 non hanno avuto risposta. Abbiamo fatto quanto umanamente possibile per fare questo processo e sono convinto che oggi gli imputati sappiano che qui si sta celebrando la prima udienza”.

Al Sisi risponde all’Europa

Non abbiamo bisogno che nessuno ci dica che i nostri standard sui diritti umani comportano violazioni. Sono responsabile di 100 milioni di anime, non è una cosa facile“. Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, parlando al vertice dei Paesi del gruppo di Visegrad a Budapest, ha sottolineato che l’Egitto non si piegherà ad alcun “diktat” europeo circa il rispetto dei diritti umani. Lo sottolineano quotidiani egiziani riportando dichiarazioni rese ieri dal capo di Stato al summit del gruppo composto da Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia.

Sisi “ha detto ai leader del vertice: avete a che fare con uno Stato che rispetta se stesso e rispetta pienamente la sua gente. E ha detto: In Egitto c’è un potere che non si sottomette a nessun diktat“, riporta il quotidiano indipendente Al Masry Al Youm.  Rivolgendosi esplicitamente “ai nostri amici europei”, Sisi ha sostenuto che “bisogna capire cosa sta succedendo in Egitto”.

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