Pressing delle Regioni sul governo: “Vogliamo il parere del Cts per riaprire”

Regole diverse per la quarantena per scuole d’infanzia, elementari, medie e superiori. Stop ai tamponi del primo giorno, antigenico per rientrare. I presidi denunciano: “Il Ministero fornisca i dati sui contagi in tempo reale”.

Secondo le Regioni deve essere il Cts a prendersi la responsabilità di certificare i rischi della ripresa scolastica: “Si ritiene che uno specifico parere del Cts, che evidenzi una ricaduta non negativa della riapertura scolastica sull’andamento pandemico, debba essere posto alla base della decisione circa la riapertura delle scuole, considerando anche la ricaduta che tale riapertura può avere sugli altri contesti (trasporti)“. Questo è quanto scritto nero su bianco nel documento presentato oggi in commissione salute.

Sospendere il monitoraggio delle scuole sentinella e distinguere il protocollo per classi di età, vista la differenza di copertura vaccinale dei bambini e dei ragazzi. E stop ai tamponi molecolari al primo giorno: possono essere sostituiti da tampomi antigenici fatti in farmacia o anche a scuola in autosomministrazione.

È l’ultima proposta delle Regioni al governo per gestire i contagi nelle classi alla ripresa della scuola dopo le vacanze di Natale. Parallelamente l’icontro tra il premier Mario Draghi e i ministri Roberto Speranza (Salute) e Patrizio Bianchi (Istruzione) e il generale Francesco Paolo Figliuolo: sul tavolo la scelta su come organizzare la ripresa delle lezioni. L’esito della discussione verrà rivelato domani in Consiglio dei ministri dove ci dovrà essere un confronto e una decisione da prendere.

Cosa chiedono le Regioni


In sintesi ecco i punti principali del documento delle regioni, che hanno chiesto che sia il Cts a dare l’ok alla riapertura delle scuole: i bambini delle scuole dell’infanzia vanno in quarantena per 7 giorni al primo contagio in classe; gli studenti compresi tra i 5 e gli 11 anni (elementari e prime e seconde medie) vanno in quarantena al secondo contagio per 7 giorni; per gli studenti dalla terza media alle superiori la quarantena scatta dopo il terzo caso di positività in classe, anche loro in quarantena per 7 giorni.

Per tornare in classe è previsto un tampone antigenico o molecolare tra il quinto e il settimo giorno. Soltanto in caso di sintomi durante questo periodo verranno prese in considerazione altre misure di contenimento dei contagi da parte delle Asl. Le Regioni chiedono al governo di valutare anche l’ipotesi di sospendere le lezioni di educazione fisica e di canto o strumento musicale per il periodo del picco dei contagi

La posizione del governo

L’ipotesi sulla quale si lavora ora e che dovrà essere approvata il 5 gennaio nel Consiglio dei ministri prevede invece di prendere atto della diversità di situazione tra le diverse scuole. Ne hanno discusso già il premier Mario Draghi con i ministri Speranza e Bianchi e con il generale Figliuolo. La decisione di non affidare esclusivamente alle Asl i tamponi del primo giorno, se approvata, alleggerirà di molto il lavoro delle unità sanitarie, ora oberate dalla mole di tamponi anche scolastici. In alternativa il documento delle regioni propone che il test venga effettuato un test anche antigenico, anche in farmacia o, “nei contesti dove possibile” anche in “autosomministrazione vigilata a scuola”. “Tale ultima modalità può essere limitata ai soli contesti che si prestino a tale applicazione e in tal caso il sistema sanitario si rende disponibile a formare i soggetti individuati dal sistema scolastico cui demandare il supporto alla esecuzione del test antigenico rapido in autosomministrazione vigilata“, si legge nel documento”.

Anche i presidi accendono la spia rossa. “Necessario che il Ministero fornisca in tempo reale i dati effettivi sulle classi in Dad, sulle unità di personale sospeso, sul numero di dipendenti e di alunni in quarantena – dichiara in una nota il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli – Doveroso soprattutto per gli studenti del primo ciclo”. E ancora: “Dubito che già il 7 gennaio le scuole potranno avvalersi del supporto delle ASL per gestire la messa in quarantena secondo le nuove disposizioni visto che non è successo quando i contagi erano molto più bassi“. E sulla Dad Giannelli è chiaro: “Non sosteniamo acriticamente la retorica della scuola in presenza a tutti i costi”.

Poche ore per decide sulla proposta delle Regioni

Restano dunque poche ore per recuperare alla confusione generata dal rincorrersi di ipotesi, dalla fuga in avanti di alcune regioni guidate dalla Campania di Vincenzo De Luca che aveva annunciato lunedì l’intenzione di rinviare la riapertura delle scuole di 20-30 giorni in attesa del superamento del picco dei contagi, previsto per la fine di gennaio. Chi è più cauto come il presidente dell’Abruzzo, Marco Marsilio, che prende tempo tenendo le scuole chiuse per il ponte dell’epifania.

Ipotesi che il presidente del Consiglio Mario Draghi né il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi vogliono prendere in considerazione. Ma che da più parti viene invece invocata. Alessio D’Amato, assessore alla Salute della Regione Lazio, ha lanciato un monito al governo: “Dobbiamo essere consapevoli che questa riapertura avviene in un momento di trend in crescita dell’incidenza che vedrà nelle prossime due settimane un picco. Ecco bisogna avere consapevolezza di questo: si sta tornando a scuola in un momento di crescita della pandemia. Il governo ha tutti gli strumenti tecnici per prendere una decisione saggia e ponderata e noi ci atterremo a quello che verrà deciso”.

Leggi anche:

Total
1
Shares
Lascia un commento
Previous Article

Dietrofront del governo sul rinvio? Draghi convoca Bianchi, Speranza e Figliuolo dopo aver parlato con le Regioni

Next Article

Alta tensione tra Ministero e sindacati sul rientro a scuola: "Serve confronto sul tema della sicurezza"

Related Posts