Pnrr scuola, Gavosto: “La riforma del governo è al di sotto delle aspettative”

Il direttore di Fondazione Agnelli punta il dito su una formazione ancora da definire, bassa retribuzione e nessuno scatto di carriera se non quello per anzianità.

La scuola che riparte dal Pnrr non convince gli addetti ai lavori. E il direttore di Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, in un articolo su Il Sole 24 Ore spiega i punti deboli della riforma approvata in via definitiva dal Parlamento.

“La riforma voluta dal governo, e su cui il Parlamento ha avuto pochissmi margini di intervento, è al di sotto delle aspettative – scrive il direttore a guida dell’istituto torinese -. In materia di formazione iniziale e di percorso di assunzione, la principale esigenza era di ritornare, dopo decenni, a un percorso unico di ingresso nella professione, evitando la moltiplicazione dei canali, ciascuno creato per favorire una categoria a spese di altre e in molti casi di qualità insoddisfacente”. Benchè Gavosto da un giudizio positivo riguardo il percorso unico per l’insegnamento nelle scuole secondarie, con la formazione di un anno con i famosi 60 crediti aggiuntivi alla laurea, che prevedono moduli di didattica e tirocini in aula, come già accade in molti paesi europei, mette un bollino rosso sui percorsi paralleli “ad personam” che vengono meno al principio di uguaglianza.

Il nodo dei due percorsi

“Ciò riguarderà decine di migliaia di candidati, a favore di coloro che hanno svolto supplenze per almeno 36 mesi e potranno accedere al concorso senza l’abilitazione, a differenza degli altri”. Questa categoria, se supera il concorso, otterrà uno “sconto” di cattedra riguardo i crediti sul presupposto che chi ha già insegnato per un breve periodo sappia già come fare. “Ma a differenza del tirocinio – continua Gavosto – la qualità di questa esperienza non viene mai verificata. Ed è probabile che nei primi anni della riforma il grosso degli insegnanti provenga da questo canale, anche in risposta all’esigenza sindacale di facilitare l’immissione in ruolo dei precari”. Tecnicamente, però, non è equiparabile ad una sanatoria, ma “sarebbe stata comunque opportuna una formazione didattica preliminare”, commenta il direttore di Fondazione Agnelli.

Pochi incentivi per la formazione

Altro problema sollevato è quello degli incentivi di formazione di almeno tre anni degli insegnanti già in servizio: “Per ragioni di bilancio è stato deciso che sia temporaneo e non permanente”. Inoltre per ora sappiamo soltanto che sarà tra il 10 e il 20% della retribuzione di base, ma non il numero dei beneficiari che verranno definiti man mano in base alle risorse a disposizione. “Improbabile che qualcuno si imbarchi in un corso triennale se la probabilità di ricevere il premio fosse, supponiamo, del 10%. Inoltre – continua Gavosto – rimangono da stabilire i contenuti della formazione, che saranno definiti dalla contrattazione sindacala in ciascuna scuola, e chi otterrà il premio finale, sulla base di un modello di valutazione dai confini ancora incerti”. Il punto rimane la mancata definizione da parte del governo di una reale possibilità di carriere dei docenti all’interno del mondo scolastico. Come avviene invece in Europa. “Nell’arco della vita lavorativa gli insegnanti non compiono passaggi di carriera, né ricevono aumenti salariali, se non per anzianità. Per contro le scuole hanno bisogno di persone che coadiuvino il preside, programmino le attività, coordinino le pratiche didattiche dei colleghi, ecc. Bisgonerebbe introdurre livelli crescenti di responsabilità didattiche e organizzative, con aumenti salariali consistenti”.

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