Tutte le promesse fatte dai talebani dopo la presa di Kabul sono state disattese: l’Afghanistan è ripiombato nel caos di 20 anni fa e a pagarne le conseguenze sono prima di tutto le donne. Recente la notizia di quattro donne a Maar-e-Sahrif, nel Sud del Paese, tra le quali l’attivista e docente universitaria Foruzan Safi, crivellata dai mitra anche al volto.
Proprio in queste settimane è ancora più urgente l’iniziativa di quelle università che hanno aperto un proprio corridoio umanitario, tra queste spicca quella dell’Università di Padova, che ha messo a disposizione 50 borse di studio con fondi propri attraverso il programma “Unipd 4 Afghanistan“. “Ad agosto, quando la situazione è precipitata, – ha raccontato la rettrice Daniela Mapelli a Corriereuniv – il nostro primo pensiero è andato alle studentesse e agli studenti afghani. Erano 17 gli studenti immatricolati da noi per il 2021/2022. Così, ci siamo attivati con i vari ministeri – Università, Esteri e Interno – per cercare di portare questi studenti in Italia, visto che avevano già passato il test di selezione ed erano già immatricolati”.
La tragedia dell’Afghanistan
Sono i giorni caldi di fine agosto in una Kabul assediata dai talebani, con le strazianti foto dell’areoporto affollatto dove tutti cercano di imbarcarsi su un volo qualsiasi. “Con molti sforzi eravamo riusciti a organizzare la partenza – continua la rettrice – erano all’aeroporto di Kabul, pronti a imbarcarsi, il giorno in cui è scoppiata la bomba. Siamo riusciti a riprendere i contatti con loro e seguirli nei loro percorsi: alcuni erano riusciti ad arrivare in Turchia, in Iran, in Russia. Sette erano rimasti a Kabul, con il terrore di essere perseguitati per aver cercato di fuggire. Finalmente, dopo varie peripezie, siamo riusciti a farli arrivare a Islamabad, in Pakistan: ora sono tutti in viaggio verso Padova”.
Borse di studio per gli afghani
“Abbiamo ricevuto moltissime richieste e abbiamo già assegnato le prime 47 borse”, afferma Mapelli. “Altre 50 verranno erogate con fondi di iniziativa privata. Data la difficoltà di far uscire, ora, persone dall’Afghanistan, gli assegnatari sono studenti afghani già in Italia o fuggiti in altri Paesi – soprattutto Pakistan, Russia e Turchia – che con il nostro visto di studio possono partire alla volta dell’Italia. Di questi primi 47 studenti, 18 sono donne”.
Per la rettrice Mapelli, non c’è obiettivo più importante che questo. “Negli occhi di queste studentesse e di questi studenti vedo malinconia e preoccupazione per le persone care lasciate in Afghanistan, ma anche una straordinaria determinazione e voglia di fare. La loro presenza è un arricchimento enorme per gli studenti italiani. Noi parliamo sempre di numeri, ma dietro ogni numero c’è una persona: assegnare anche solo una o due borse in più, vuol dire offrire una possibilità di vita diversa. Siamo stati vent’anni in quel Paese, abbiamo delle responsabilità. Abbiamo fatto credere a intere generazioni di ragazze che potevano studiare, lavorare, avere una vita indipendente; poi da un giorno all’altro la loro vita è cambiata. Qui possono iniziare daccapo”.