Lettera a un giovane insegnante

giovane insegnante

Amore per l’insegnamento, cura degli studenti e una visione lucida dell’ambiente scuola: c’è questo e molto altro nella “Lettera a un giovane insegnante” pubblicata oggi sul blog letterario Doppiozero. L’autore, a sua volta un docente, ma con già qualche anno d’esperienza sulle spalle, ha voluto stilare una sorta di decalogo di semplici indicazioni, in uno stile che ricordano una lettera di un “Wittgenstein un po’ più nevrotico” e che fanno pensare a quanto semplice e straordinariamente complicato sia il mestiere di un insegnante oggi.

Ecco la lettera integrale firmata da Enrico Manera: 

Al volgere di una tornata di immissioni in ruolo, un po’ per gioco e un po’ no, mi erano stati chiesti dei consigli. Naturalmente, mi sono schernito. Poi ho pensato a quello che avrei voluto sapere quando non ancora trentenne ho iniziato a insegnare e che ho scoperto in classe, nel decennio successivo e confrontandomi con altre esperienze. Il gioco mi ha preso la mano e ne è venuto fuori una autoriflessione da condividere in alcuni punti. Se ne possono aggiungere altri, chiaro.
Pensavo, con tutta la distanza autoironica del caso, alle lettere di un Rilke più stralunato, invece è risultata la voce di un Wittgenstein più nevrotico, con tutta la distanza autoironica del caso. L’importante è avere buoni modelli, con tutta la distanza autoironica del caso.
In più: sono consapevole che la condizione del giovane insegnante sia in realtà abbastanza rara, e quando c’è è precarizzata e soggetta a malus di varia natura che qui non trovano posto.
Il testo è rivolto a chi è già dall’altra parte del deserto. Ma da chi come me è considerato troppo critico e apocalittico queste righe vogliono essere un segno benaugurante per gli anni a venire.

#1

Il tipo di scuola e l’istituto in cui lavori sono inseriti in un territorio e in un contesto. Impara a conoscerlo e a capire da dove viene chi hai di fronte. A meno che tu non lavori in una scuola di prestigio del centro cittadino o di una provincia benestante avrai uno spaccato del paese reale che forse prima ignoravi, almeno direttamente, e le tue aspettative sul lavoro che hai scelto di fare potrebbero rimanere deluse.

Se continuerai a ignorare il contesto e i suoi problemi il tuo lavoro non funzionerà. Se non riuscissi ad apprezzarlo neanche un po’, allontanati prima che puoi.

Qualora ci fosse mai stato, il tempo della scuola in cui sembra che basti che il docente parli di quello che sa è finito per sempre. Poniti obiettivi anche alti, ma realistici e proporzionati alla situazione di partenza delle classi con cui lavori. Non esiste una situazione standard. Ogni gruppo classe è una reazione chimica a sé, irriducibile a modelli ideali.

Cerca sempre una mediazione tra la voce dei saperi che frequenti e l’orizzonte di interesse dei tuoi studenti. Progressivamente, se avrai trovato il modo giusto, li avvicinerai al tuo canone ideale; il quale a sua volta sarà modificato.

L’abbandono e la sciatteria di troppe scuole testimoniano il disamore della cosa pubblica e l’ignoranza del bene comune. Contribuisci in ogni modo, dall’iniziativa personale alla promozione di attività istituzionali, al miglioramento dell’ambiente.

La cura costante di quello che fate insieme è fondamentale e parte dalla manutenzione del quotidiano e del piccolo. Se viene a mancare genera ulteriore degrado.

Prendi esempio dalle scuole materne ed elementari, più pedagogicamente avvertite e attente ai corpi di chi vive la scuola.

Se ti è possibile modifica gli ambienti in cui siete, tu e gli studenti, avendo come finalità il benessere: areazione, illuminazione, disposizione banchi, affissione manifesti, piantine, luoghi in cui tenere libri/materiali.
Sono molte le ore in cui siete insieme, in più: tu ti sposti, loro no, o comunque molto meno.

Compatibilmente con il rapporto tra spazio e numero di allievi, l’ambiente didattico deve poter essere modificato secondo le esigenze. Oltre le file a due, ferri di cavallo e isole vanno benissimo: il collega che contesta la scelta appellandosi a questioni di sicurezza nove su dieci sta burocratizzando in modo paranoide.

In ogni caso decide il Consiglio di classe, ma ricorda che in ogni ora si può cambiare disposizione a seconda delle diverse esigenze didattiche, come quando si separano i banchi per le verifiche. Se sei sensibile, trova o produci ‘tappi’ di feltro per gambe delle sedie e banchi, che comunque vanno sollevati.

Durante le verifiche i banchi siano vuoti. Fogli, penne, testi concordati e basta. Silenzio e concentrazione totale servono da subito a tutti e per tutto il tempo. Copiare e farsi suggerire sono cose umilianti e irritanti per chi le pratica e scopre, almeno quanto sono diffuse e umane. Vanno smontate e disincentivate con gentile fermezza.

Esempio: entri in una classe malareata, con le tapparelle giù e la luce (neon) accesa. Ti dicono che in questo modo non c’è riverbero della luce sulla lavagna e il collega della prima ora ha deciso così. Apri le finestre e tira su le serrande. L’ambiente deve avere l’impronta in cui ti devi riconoscere. Illuminismo non è solo una metafora.

Altro esempio. Vai in aula video o in laboratorio Lim e i banchi sono ammucchiati a caso a causa della disattenzione dei colleghi dell’ora precedente che hanno lasciato agli studenti di fare come credono. L’effetto gita in fondo al pullman va evitato. Prima ripristina il tuo ambiente classe e poi inizia. Meglio perdere un quarto d’ora subito che un’ora che se ne va in sciatteria e disattenzione.

Contribuisci e fai rispettare la pulizia delle classi, con attenzione alle cartacce, i resti delle colazioni.

Non lamentarti degli addetti alle pulizie (bidelli, ata o come si chiameranno) ma solleva l’attenzione a quanto e come si sporcano banchi, sottobanchi e muri, intenzionalmente o meno.
Diversifica e fai diversificare i rifiuti. Se la rivoluzione comincia davanti allo specchio del bagno, l’educazione all’ecologia planetaria comincia in classe.

#2

Ritualizza l’ingresso e l’inizio della lezione secondo modalità che ti sembrano più consone. Saluti, presenza e attenzione.

Pratica ed esigi il silenzio e la concentrazione, il rispetto dei tempi di lezione, di entrata e uscita.

Poche parole e molti fatti. Leggi il patto formativo ad alta voce e condividilo il primo giorno. Idem con il regolamento d’Istituto; trova mediazioni su deroghe che tollererai nella tua classe, ad esempi permetti agli studenti di fare altro mentre interroghi (ma fissa dei limiti).

Che il Piano di offerta formativa dell’istituto ti sia noto; sappilo citare nei fondamentali.

Non trincerarti dietro la cattedra, non puoi pensare di cavartela stando seduto a sussurrare.
Muoviti per l’aula, presidia fisicamente il territorio, radica i piedi al pavimento e siediti il minimo necessario per compilazione dei registri, lettura, interrogazioni.

La tua voce deve arrivare a tutta la classe. Sia ferma e chiara. Non parlare come se stessi dettando, non andare troppo veloce, non arrotolarti in argomentazioni spericolate. La chiarezza è un dovere.

Non sei tu che devi alzare la voce, è il brusio che non ci deve essere.

Non tollererai muri di zainetti nei banchi in fondo.
Non si mangia durante le lezioni. Acqua sì, bibite no.

Non si può ‘tirare su’ con il naso. Vietato il clic-clac delle penne. Sono cose che infastidiscono tutti quelli che non lo fanno.

Sul fatto che gli studenti debbano prestare attenzione all’attività che state svolgendo non si negozia, al limite ogni 25 minuti si cambia tipo di attività.

Disincentiva in ogni modo la pratica di fare compiti di altre materie nelle tue ore o lo studio dell’ultimo minuto per le interrogazioni imminenti.

I telefoni sono banditi; spegni il tuo quando entri e chiedi di fare lo stesso.
Ricordati che non solo è vietato, ma è insensato. Se accetti mediazioni sugli sms o sul check delle mail, hai già perso.

Mettete un orologio grande e un calendario che vi piacciono.

Come la luce, l’ossigeno è tutto. Compatibilmente con il clima, fai in modo che l’aula sia sempre areata.
Se le condizioni lo consentono, con la primavera qualche lezione nel cortile, con le sedie o anche seduti per terra, fa bene a tutti.

Cose come profumatori d’ambiente e incenso vanno benissimo, purché siano lievi, naturali e non chimici. Prima verifica non ci siano allergici.

Se servono e ci sono, i portatili o i tablet si usano, ma con le applicazione disattivate; usa il tuo dispositivo tecnologico di fronte agli studenti solo come strumento di lavoro.

Le ultime ore sono un momento in cui la stanchezza e la dispersione si fanno entropiche. Curale con particolare impegno e programma le attività di conseguenza.

Esplicita gli obiettivi, cosa chiedi agli studenti per ottenere determinati risultati e la scala dei voti. Sii coerente e imparziale, sempre, anche quando i tuoi preferiti ti deludono o gli improbabili ti sorprendono. Poiché esistono inevitabilmente tanto i preferiti quanto gli improbabili, sia tuo compito evitare i biases di valutazione.

La lezione frontale serve ancora, ma la tua didattica non si può ridurre a quella sola.
Usa la lavagna, vera o digitale per le parole chiave, ogni quarto d’ora spezza la routine con qualcosa che catturi l’attenzione, usa frammenti di testi e spezzoni di video. C’è comunque bisogno di un po’ di grande teatro.

Scegliete uno o più temi che facciano da sfondo per il lavoro dell’anno e a cui far afferire le unità didattiche. Programma attività ed uscite attorno a quella direzione.

Una lezione deve essere dinamica, preparare problemi principali e fornire strumenti, poi serve altro. Credere che basti aver detto tutto è un’illusione. Fai lavorare e rendi attivi i tuoi studenti più che puoi.

Fai in modo di creare motivazione e interesse. Non ci sono mai contenuti neutri e indifferenti, ma tutto quello che insegni deve avere alti livelli di significatività e persino urgenza.

È vero, c’è troppa retorica sulle competenze. I contenuti che veicoli devono avere un radicamento nella realtà degli studenti e essere correlati con dei compiti di realtà. Se non riesci a vederli in quello che insegni hai un problema serio.

La tecnologia è un mezzo e non un fine ed è un ambiente didattico come altri. Oggi particolarmente importante. La frattura insanabile fra nativi  digitali e immigrati gutemberghiani è falsa e sbagliata, crederci crea profonda amarezza e produce sconfitta ineluttabile. Ci sono solo diversi livelli di competenze informatiche, e non cognitive, individuali e non generazionali, facilmente superabili con un po’ di applicazione.

Nel formare il tuo stile e il tuo canone di riferimento trova la tua tecnica mista di didattica cartacea e digitale. La mia, a spanne: si leggono libri di carta, si producono elaborati scritti in digitale. Scrivere a mano fa bene anche a te, ciò che passa attraverso il corpo è un rinforzo cognitivo, dovresti riprendere almeno un po’.

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