Corriereuniv.it in occasione del lancio delle guide digitali di orientamento, studiate per gli studenti in tempo di Covid ha intervistato Clara Pillitteri.
Clara Pillitteri è responsabile delle risorse umane della Ernst & Young società di consulenza fra le più grandi al mondo | Talent Attraction and Acquisition Leader MED | Talent Team
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- Dottoressa Pillitteri cosa significa lavorare nel settore delle risorse umane?
Al giorno d’oggi lavorare nelle risorse umane è una grande opportunità perché ti permette di vivere in prima persona i cambiamenti economici, tecnologici e sociali in corso. Penso che lavorare nella funzione HR significhi anche stare in un osservatorio privilegiato e avere la possibilità di capire l’evoluzione del mercato del lavoro, quali competenze saranno più critiche e necessarie per inserirsi in un mercato globale, come stanno evolvendo le professioni, l’impatto della digitalizzazione sui processi aziendali e le tendenze sociali e culturali che impattano le aziende oggi come il mismatch di competenze, il gender gap, la crescente esigenza di flessibilità dei dipendenti e l’impatto del Covid-19.
- Quando ha capito che quella sarebbe stata la sua scelta, la sua vita professionale?
Non c’è un momento esatto che è rimasto particolarmente impresso nella mia memoria, ho però tanti episodi della mia vita professionale che confermano la mia scelta iniziale. Ancora oggi dopo tanti anni dedicati all’attività di recruiting mi sento particolarmente fortunata perché ho la possibilità di entrare in contatto con tantissime persone, provenienti da percorsi ed esperienze diverse, studenti, neolaureati o professionisti accomunati dal desiderio di realizzarsi, di trovare la propria dimensione lavorativa in un momento complicato e in un contesto in continuo divenire.
- Cosa le piace di più e cosa meno del suo lavoro?
Mi piace sicuramente la dinamicità del settore, le sfide del mercato del lavoro che rendono l’attività di recruiting per un’azienda come EY una vera palestra di vita. L’aspetto che mi crea maggiore frustrazione a volte è vedere come tanti giovani non riescano ad inserirsi nel settore produttivo italiano perché non hanno le competenze necessarie, la scuola e l’università non li ha preparati adeguatamente e anche perché molte aziende non investono abbastanza sulla formazione e su percorsi d’inserimento e di reskilling.
- Quale sarebbe la strada giusta per un/a giovane che vuole intraprendere una carriera nel vostro mondo?
Per intraprendere un percorso nelle risorse umane non esiste un percorso predefinito, è utile una laurea triennale o specialistica (vanno benissimo tutte le lauree da Giurisprudenza a Economia, da Lettere a materie più scientifiche) suggerisco un breve master in HR Management per avere un quadro d’insieme delle diverse funzioni presenti nei dipartimenti HR di grandi aziende. Consiglio di iniziare con uno stage e di essere aperti e flessibili a cambiare funzione e ruoli in quanto tutte le funzioni sono interconnesse. Una caratteristica molto richiesta oggi è una buona conoscenza degli HR analytics, una predisposizione a leggere i dati e le informazioni raccolte da survey ed analisi interne ed esterne per aiutare il business a interpretare i trend aziendali e a prendere le giuste decisioni.
- Quali sono le qualità che apprezza di più in un/a giovane che vuole collaborare con lei?
Nel selezionare i miei collaboratori ricerco persone curiose e proattive, con una forte attitudine al cambiamento e senso critico in quanto il mondo dell’HR è in continua evoluzione e richiede di guardare sempre un po’ più lontano rispetto a cosa accade oggi. Imprescindibile è avere un approccio innovativo per la risoluzione di problemi complessi e un sano spirito di sacrificio e resilienza perché aiuta a superare gli ostacoli e i momenti di difficoltà presenti in qualsiasi contesto lavorativo.
- Come sono le prospettive occupazionali nel vostro settore?
Le prospettive occupazionali sono positive, le aziende avranno sempre più bisogno del ruolo strategico dell’HR soprattutto in un momento di grande cambiamento come quello attuale. Occorre però tenersi aggiornati, riflettere sull’evoluzione dell’employee experience accelerata dalla tecnologia, ripensare i modelli organizzativi e i percorsi di carriera impattati dall’ingresso in azienda delle nuove generazioni altamente digitalizzate che richiederanno paradigmi HR diversi dal passato.
- Il covid ha avuto un’influenza sul suo modo di pensare al lavoro? Tutto sarà come prima?
La pandemia ha innescato riflessioni profonde sul modo di pensare e di vivere il lavoro. Per quanto mi riguarda è impossibile immaginare che torni tutto come prima. Siamo tutti un po’ cambiati, si tratta ora di trovare un nuovo equilibrio che vada incontro alle esigenze di flessibilità spazio-tempo e di autonomia organizzativa sviluppate durante la pandemia. Speriamo che gli effetti positivi portati dal Covid nelle aziende – accelerazione dei processi di digitalizzazione, l’utilizzo dello smartworking, maggior delega e responsabilizzazione dei dipendenti – continuino anche nel futuro.