La speranza è tutta nel Pnrr: un milione di posti di lavoro nei prossimi due anni

Le misure del Recovery plan creeranno occasioni di impiego soprattutto per donne e giovani tra i 15 e i 29 anni. Ma restano diversi nodi

Le misure contenute nel Recovery plan creeranno nuove occasioni di impiego soprattutto per donne e giovani tra i 15 e i 29 anni. Ma restano diversi nodi

Il Recovery plan avrà un forte impatto sul lavoro, direttamente con la creazione di nuovi posti e indirettamente. Togliendo gli ostacoli alla creazione di nuove imprese e stimolando gli investimenti che a loro volta creeranno ulteriori occasioni di impiego. Le misure contenute nel Pnrr e le riforme connesse sono speranza e punto di ripartenza dopo la crisi.

I NUMERI CALCOLATI

Secondo i primi calcoli degli esperti, riportati dal Sole24 ore, ci si attende per il 2023 la creazione di un milione di posti di lavoro rispetto al 2020. Situazione tale da portare a livelli pre crisi e anzi con un divario positivo di 300 mila occupati rispetto allo stesso anno, in cui erano andati persi oltre 700 mila posti. Nel 2026, allo scadere temporale del piano di ripresa e resilienza, lo spread positivo potrebbe toccare quota 750 mila.

DONNE E GIOVANI

Un impatto importante soprattutto nel caso di donne e giovani. L’occupazione femminile è stimata in crescita di 350mila impiegate nei sei anni, 90mila in più per quanto riguarda la fascia d’età tra i 15 e 29 anni. Decisive, ha spiegato al Sole24 ore Andrea Garnero, economista Ocse, saranno “le politiche attive, per avere un numero di lavoratori sufficiente alle richieste delle imprese”.

IL GAP RESTA

L’aumento dell’occupazione “non è da sottovalutare” sostiene sempre al quotidiano economico Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt, che però sottolinea come nonostante le previsioni “anche nelle migliori delle ipotesi previste non si riuscirà a intaccare in modo sostanziale il differenziale di occupati italiani inferiore rispetto ai competitor europei”.

LE POLITICHE ATTIVE
La partita delle politiche attive, a cui vengono assieme alla formazione vengono assegnati 4,4 miliardi sui 6 totali, impone questa volta il raggiungimento di un obiettivo finora sempre fallito dai governi precedenti. Che hanno fatto arenare le politiche attive anche a causa della difficile interlocuzioni con le Regioni, competenti in concorrenza nella materia. Servono dunque decisioni politiche forti per evitare un ennesimo flop.

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