Corriereuniv.it in occasione del lancio delle guide digitali di orientamento, studiate per gli studenti in tempo di Covid ha intervistato Natalia Valentini.
Classe 1995, diplomata al Liceo Classico Statale T. Tasso e in pianoforte principale presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma, con licenze di solfeggio, storia della musica e armonia; si è specializzata con il massimo dei voti (110/110 cum laude) in pianoforte nella musica da camera con il corso biennale sempre al Conservatorio partecipando annualmente a concorsi internazionali di pianoforte e di musica da camera. Frequenta con assiduità masterclass e corsi intensivi con Maestri quali B. Szebesczyk, S. Tammam, G. Buttà, B. Bermann, B. Canino, R. Cappello, S. Perticaroli e L. Pincini. Dal 2008 prende parte agli eventi artistici e teatrali nel progetto “ItinerArte” come musicista principale affiancandovi concerti-spiegazioni aperte al pubblico nel progetto “Musiche…non solo di scena” per l’associazione culturale no-profit Yes Art Italy della quale è Responsabile Musica e Comunicazioni. E’ membro principale in veste di Consigliere presso l’associazione culturale Il Salotto. Lavora in formazioni fisse di musica da camera (con chitarra, violoncello, flauto, violino) e come docente certificata di pianoforte, teoria, solfeggio, storia della musica e armonia presso l’Accademia Romana di Musica affiliata al Conservatorio L. Refice di Frosinone e al Trinity College di Londra.
La musica si studia o si può fare da autodidatta?
La musica, in quanto disciplina artistica, ha sicuramente necessità di esser affrontata in modo sistematico e programmatico. Bisogna sempre differenziare la meta finale che si vuole raggiungere: si deve capire se la si vuole fare come un passatempo oppure se crearvi sopra la propria carriera o anche se la si vuole portare avanti ad un buon livello senza però dedicarcisi del tutto. In base alla risposta si possono scegliere molteplici strade: dal percorso presso una scuola o un insegnante privato che immetta l’allievo nella giusta strada per studiare, oppure utilizzare dei metodi didattici specifici per chi vuole essere un autodidatta o, una volta raggiunto un determinato livello e repertorio, con l’aiuto di una guida sicura, intraprendere l’esame di ammissione al Conservatorio e da lì proseguire per formarsi in toto come musicista.
È un tipo di scelta che richiede qualche abilità, qualche talento particolare?
Come qualsiasi disciplina, specializzazione, lavoro, sport anche la musica ha alla sua base delle predisposizioni innate che di certo posso essere un grande vantaggio; questo però non significa che siano indispensabili per il discente. Il docente che segue ed esamina l’allievo si pone sin da subito l’obiettivo di osservare le caratteristiche musicali che lo identificano e si cerca insieme di valorizzarle; avere una dote non significa esser migliori di chi ne ha meno dato che lo studio e l’impegno, come anche l’ambiente familiare e scolastico, giocano dei ruoli fondamentali per l’apprendimento corretto e lo sviluppo delle capacità talvolta nascoste nell’allievo. Ci possono essere allievi molto dotati che però si adagiano e non si impegnano al massimo perché spesso credono che il loro dono basti, al contrario di altri che, pur coscienti di non avere un pentagramma tatuato nel DNA, riescono comunque a superare le aspettative grazie alla loro passione e dedizione.
Che tipo di figura professionale formano i conservatori?
I Conservatori, al pari delle Università, si prefiggono come fine ultimo lo sviluppo specifico delle competenze e delle abilità musicali dei soggetti discenti. Al giorno d’oggi, differentemente da quanto accadeva in passato, l’istituzione del Conservatorio ha acquisito la valenza di “equipollenza” con le Università tanto da adottare la stessa formazione in termini di annualità, esami e crediti con la forma triennio + biennio. Ciò fa sì che coloro che vi accedono con esami specifici siano già in gran parte formati e integrati nel mondo musicale, tanto che è richiesto di aver già conseguito il diploma di maturità liceale e basi teoriche ben consolidate. Questo porta quindi i Conservatori a modellare, istruire e specializzare i neo-musicisti in un ambiente più inclusivo e peculiare della musica. Ne escono musicisti e conoscitori della musica in quanto anche materia teorica e sperimentale grazie all’integrazione dei generi musicali più popolari e attuali (pop, jazz, musica elettronica) non fermando l’apprendimento dei ragazzi alla mera sfera classica ma cercando di ampliare le conoscenze di ognuno nel modo più congruo alla singola personalità.
Crede che in futuro ci saranno buone opportunità di lavoro per i musicisti?
Data la mia personale esperienza quel che conta molto, qui in Italia, sono le reti di conoscenza. Non bisogna confondere tale riferimento con il termine “raccomandazione”. Difatti si deve esser sicuri del percorso che si intraprende e portarlo avanti con continui aggiornamenti (masterclasses, corsi intensivi) e sfide per crescere (concorsi ed esami). Lo sbocco lavorativo non si deve idealizzare con “farò il musicista” poiché nella realtà dei fatti, ad esser onesti, il mondo del libero professionismo si sta spegnendo velocemente e la competizione (in termini di età e qualità dei concorrenti nel settore) è sempre più accesa. Il lavoro c’è e c’è sempre ma non si dovrebbe pensare in termini assoluti bensì crearsi dei piani B, C, D di sicurezza poiché il futuro è incerto e l’arte in Italia è nell’occhio del ciclone da tantissimi anni ormai. Senza allontanarsi dalle proprie passioni e specializzazioni è consigliabile farsi furbi ed esser disposti ad un po’ di sacrifici che saranno, se adeguatamente attuati, ben ricompensati.
Di quale scuola di pensiero fa parte: gli studi prima ed il lavoro dopo, o entrambi allo stesso tempo?
Sempre ripercorrendo il mio personale tragitto, posso affermare che, con volontà e preparazione è possibile seguire il percorso di studi in concomitanza con un lavoro (part-time), sia nel campo musicale che fuori da esso. Il Conservatorio predispone piani di studio con l’opzione part-time essendo a conoscenza della necessità di molti di portare avanti un’occupazione proprio per permettersi gli studi e per fare esperienza. Quest’ultima è fondamentale e riuscire a mettere in pratica in ambienti esterni quel che viene insegnato nella struttura educativa è certamente un grande aiuto nella maturazione personale e nell’accrescimento di chi studia. In poche parole: lo studio da solo non è funzionale; per ottenere risultati migliori e per non trovarsi in difficoltà una volta conseguito un diploma accademico, è bene esperire il mondo lavorativo appena possibile; sottolineo che, per insegnare musica, è comunque necessaria una certificazione e una preparazione ottimale nel settore specifico.
Durante il Covid molti musicisti si sono esibiti sul web, la musica ha avuto un ruolo importante durante la pandemia. Cosa portate di questa esperienza?
Sicuramente la musica, nel mondo, ha avuto e ha tutt’oggi un ruolo di base per l’unità, l’empatia e la comprensione della globalizzazione. Però, ad esser sincera, non mi sono immedesimata né ho partecipato molto alle iniziative musicali portate avanti nel periodo della quarantena; non ho trovato sostegno né conforto nelle esibizioni cittadine sui balconi alle 18 dei primi due, tre giorni. Ho sempre percepito un velo di falsità, nonostante sappia che per molti sia stato di aiuto. Da musicista ho apprezzato molto invece le proposte coreutiche e musicali portate avanti da grandi enti e organizzazioni a livello mondiale e da personaggi noti per le raccolte fondi da dare in beneficenza a strutture e persone che necessitavano di aiuto. La musica, bisogna ricordarlo, è un grandissimo veicolo: trasporta messaggi, fa volare suoni nel cielo intorno a noi e ci spinge a provare emozioni fortissime. Non si dovrebbe mai banalizzarla ma sfruttarne ogni lato per ottenere buoni risultati, perché, si sa, la musica non può fare mai del male.
“Fate un bagno di musica una volta o due alla settimana per alcune stagioni, e scoprirete che fa all’anima quello che il bagno d’acqua fa al corpo.” (Oliver Wendell Holmes Sr)