Le parole del ministro Giannini sull’abolizione dei concorsi universitari hanno fatto discutere molto. Ecco la risposta dell’Andu, l’associazione nazionale dei docenti universitari, che commenta in maniera critica il ragionamento proposto dall’inquilino di viale Trastevere.
“Contrariamente a quanto sostiene il Ministro, nell’Università italiana il reclutamento è sempre stato primaria responsabilità dei singoli atenei. Infatti per i concorsi prima ad assistente e poi a ricercatore (i ruoli d’ingresso alla docenza universitaria) e, dopo la riforma di L. Berlinguer del 1997, anche per i concorsi ad associato e a ordinario, si è sempre praticata la scelta da parte dell’ateneo, ovvero la cooptazione personale, con il maestro che sceglie spesso fin dalla tesi di laurea il giovane studioso, ne coltiva la formazione, decidendo se e quando fargli avere un posto di ruolo e se e quando farlo poi avanzare nella carriera. Tutto questo in un rapporto di dipendenza anche umana dell’allievo dal suo maestro-barone. Ed è sempre stata primaria responsabilità dei singoli atenei, cioè del maestro-barone, la gestione delle figure pre-ruolo (dottorati, borse, contratti, assegni, ricercatori a tempo determinato, ecc.).
Molto diffusa è la convinzione che è meglio rendere esplicità la scelta locale delle varie fasi del reclutamento e degli avanzamenti, per rendere esplicite le responsablità di chi compie tali scelte. Naturalmente nessuno ignora che alla cooptazione personale sono legati i diffusi fenomeni di localismo, clientelismo e parentopoli che hanno da sempre caratterizzato l’Università italiana, e quindi chi vuole la piena autonomia responsabile, contestualmente chiede di prevedere una valutazione ex post e la punizione di chi abbia operato scelte sbagliate.
Con la piena autonomia responsabile diventerebbe così finalmente legge formale quella che Michele Ainis ha definito la legge non scritta dell’università: ogni professore si scelga il suo assistente, visto che ogni giovane studioso savvia alla ricerca sotto la guida dun docente, che poi lo aiuta a fare carriera e dato che la cooptazione non è un
peccato né un reato, è la legge non scritta delluniversità (intervento sull’Espresso (Macché raccomandati, aboliamo i concorsi).
In Italia lunico modo mai adottato per instaurare fin dall’inizio un rapporto professionale, caratterizzato da autonomia di ricerca e di insegnamento, è quello di esercitare esclusivamente a livello nazionale con commissioni interamente sorteggiate TUTTE le scelte: dottorati, pre-ruolo, entrata in ruolo, progressione.
E’ inoltre indispensabile introdurre il docente unico (pari mansioni e pari poteri, v. documento unitario), distinguendo finalmente il reclutamento dalle promozioni, con CONCORSI veramente nazionali per l’ingresso in ruolo e l’idoneità nazionale per gli avanzamenti. In questo ruolo vanno inseriti, a domanda, gli attuali ordinari, associati e ricercatori.
Con questo sistema, per la prima volta in Italia, con i concorsi nazionali il reclutamento sarebbe sottratto interamente alla scelta del singolo maestro-barone. Con le abilitazioni nazionali e il riconoscimento, immediato e a tutti gli effetti (a carico di appositi fondi nazionali), della promozione agli idonei, non si farebbe più dipendere la carriera dei docenti di ruolo dai singoli maestri-baroni. Inoltre si eviterebbe la follia accademico-giuridica che oggi consente che un associato dichiarato idoneo a ordinario svolga attività didattica e di ricerca come un ordinario vero, ma senza il relativo riconoscimento economico e normativo (e così anche per un ricercatore dichiarato idoneo ad associato o a ordinario).
Con queste soluzioni ci guadagnerebbe la qualità della ricerca e della didattica, oltre che la qualità della vita del discepolo e anche del maestro-barone. Inoltre, il notevole tempo impiegato dal maestro-barone per reclutare e far fare carriera al proprio allievo potrebbe essere impiegato per più utili attività istituzionali.
Naturalmente una tale riforma darebbe pienamente i suoi effetti positivi nel tempo, quando saranno superate completamente la logica e la pratica del potere baronale, fondato sulla cooptazione personale, che ha da sempre
impregnato lìaccademia italiana.
Va aggiunto che solo con questo nuovo percorso interamente e sempre nazionale avrebbe un valore altamente positivo l’introduzione del docente unico, che altrimenti risulterebbe un docente plurimo, dato che la formazione, l’ingresso in ruolo e gli avanzamenti del docente, dipenderebbero di fatto dalla cooptazione personale.”