Tra gli scienziati che "cambieranno il mondo" ci sono anche 44 italiani

Sono oltre 3.100 gli scienziati entrati a far parte del World’s most influential scientific minds 2015, il report pubblicato da Thomson Reuters che seleziona i migliori ricercatori al mondo. Sono loro, insomma, i cervelli più produttivi al mondo. Ma come sono stati selezionati? Il primis in base al numero di citazioni negli studi altrui, ottenute nel decennio 2003-2013. E la sorpresa arriva proprio qui, perché sono ben 44 i ricercatori italiani più citati, tra i 3.100 “vincitori”, con medicina clinica tra le materie più citate in Italia
Tra i “fantastici 44” scienziati italiani ci sono anche Alberto Mantovani, impegnato nella sfida che l’immunologia lancia al cancro per rimpiazzare le chemioterapie – al nefrologo Giuseppe Remuzzi, che riceve ogni giorno decide di richieste per l’uso delle sue terapie renali innovative.
O ancora il biochimico Vincenzo di Marzo, pioniere delle ricerche sul sistema endocannabinoide, realtà che può influenzare molte funzioni del nostro corpo e può quindi essere orientato, tramite farmaci ancora in studio, a stimolare muscoli riparando i danni di malattie come la distrofia muscolare (per il momento sperimentata solo sui topi).
Altrettanto importanti sono gli scienziati italiani in qualche modo “costretti” all’interdisciplinarietà della natura delle sfide intraprese. Stiamo parlando, ad esempio, della chimica Maria Cristina Facchini, che studia il materiale organico che dal mare passa nell’atmosfera, e che nei suoi progetti coinvolge fisici e biologi.
O, infine, il fisico Riccardo Valentini, primo scopritore dell’importanza della vegetazione nella mitigazione dell’effetto serra, e fondatore di quel Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici oggi leader in Europa negli studi sull’impatto del clima sull’agricoltura e sull’economia. Piccola, piccolissima nota a margine: nella passata edizione del World’s most influential scientific minds erano stati ben 55 gli scienziati italiani nominati. Anche in questo campo, pare di capire, siamo in recessione.

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