Genova, esami truccati all’università: “Solo chi pagava tanto entrava nel sistema”

Il racconto alla Finanza di una universitaria che ha permesso di scoprire il giro di tesi comprate da rampolli della “Genova bene” a un professore di liceo

Un sistema che ti permetteva di superare gli esami al “giusto prezzo”. Le rivelazioni e testimonianze sul “sistema” Goggi di questi giorni portano interessanti scoperte riguardo l’inganno perpetrato ai danni di docenti dell’Università di Genova. “Dopo l’ennesima bocciatura un mio collega mi ha dato il numero di telefono di tale Luca di Albaro il quale terrebbe lezioni di ripetizione a casa sua in Ragioneria Generale che ti garantirebbero il superamento dell’esame”, ha dichiarato ai pm una studentessa informata sui fatti.

È Sara (il nome è di fantasia), che ha portato i finanzieri del Nucleo Operativo Metropolitano sulle tracce di Luca Goggi, allora docente di Matematica all’istituto Montale e oggi direttore scolastico dell’istituto comprensivo di Pra’. Accusato dal pubblico ministero Francesco Cardona Albini di aver mandato a 29 studenti risposte alle domande d’esame via WhatsApp, o di aver scritto le tesi al posto loro.

Il “sistema” Goggi

È l’11 ottobre 2019 e quel giorno Sara fa cenno per la prima volta di quello che gli stessi militari definiscono un “sistema rodato. Gli studenti al primo contatto col professore generalmente si presentano come amici di ragazzi che già fruiscono dei servizi del Goggi”. Proprio quello che tre anni fa spiegò la studentessa agli investigatori. Mettendo subito in evidenza un aspetto: i costi proibitivi delle lezioni, che di fatto tagliavano fuori chi non fosse quantomeno benestante.

Sara quel giorno racconta che “dopo l’ennesima bocciatura un mio collega mi ha dato il numero di telefono di tale Luca di Albaro”. Ma “i costi erano troppo alti e pertanto anche su divieto dei miei genitori ho deciso di non avvalermene. Il fatto che i costi fossero alti, circa 30 euro l’ora, l’ho saputo dagli altri ragazzi che lo frequentavano in quanto lui telefonicamente si rifiutava di dirmeli”. Tanto che, spiega lei incalzata dagli investigatori e naturalmente tenuta a raccontare tutto ciò a sua conoscenza, sostiene che i clienti del prof sarebbero ” tutte persone facoltose della zona di Albaro”.

La studentessa spiega anche i dettagli del “sistema” Goggi: “Che io sappia in base a quanto pagavi ti garantiva un trattamento diverso ma non so dire nello specifico in cosa consistesse. Posso dirvi perché mi è stato detto tra l’altro di inviargli una foto del compito durante l’appello e che Luca avrebbe svolto il compito per me inviandomi la soluzione in diretta Specifico che io non mi sono mai avvalsa di tale procedura anche perché non ritengo sarei stata mai in grado di fare una cosa simile durante un compito”.

Metodo semplice ma efficace

Infine il racconto di quanto vissuto in prima persona: “Dopo aver sostenuto l’esame di Ragioneria che ho superato con esito positivo ricordo che un’amica di una mia collega mi ha mostrato sul suo cellulare la foto delle soluzioni manoscritte del compito che avevamo appena fatto. La cosa mi ha sorpreso in quanto dalla schermata di WhatsApp si vedeva la foto del compito come messaggio inviato da lei e subito dopo come messaggio ricevuto la foto ritraente le soluzioni. Tale circostanza mi ha fatto pensare che qualcuno avesse potuto svolgerle il compito al suo posto”.

Deduzione poi condivisa dal pubblico ministero e dalla Guardia di Finanza. Fino alla perquisizione a casa di Goggi, difeso dall’avvocato Federico Figari, proprio in un giorno in cui si stava tenendo un esame a Economia. A quel punto un finanziere era entrato in possesso del cellulare del docente delle superiori e lui stesso aveva chattato via WhatsApp con alcuni studenti impegnati a sostenere la prova d’esame e pronti a inviare le fotografie dei quesiti.

L’inchiesta è partita con un numero limitato di indagati, poi dopo altri interrogatori gli studenti coinvolti sono cresciuti fino a 29, la grande maggioranza rampolli di importanti famiglie genovesi. Va anche sottolineato che le posizioni di tre studenti sono state archiviate. Ora il pm dovrà decidere se chiedere i rinvii a giudizio.

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