Festival del classico. Marcolongo: «La lezione di Enea, eroe che sa resistere alla bufera senza i super-poteri»

La scrittrice Marcolongo al Festival del classico: «Enea ci insegna non basta attendere che passi la bufera»

La scrittrice Andrea Marcolongo* partecipa alla maratona notturna che inaugura il Festival del classico: «Enea, eroe detestato, una sola cosa ci insegna: che quando si è nella bufera non basta attendere che passi. Lui reagisce e ricostruisce, ancora e ancora»

Festival del classico. Marcolongo: «La lezione di Enea, eroe che sa resistere alla bufera senza i super-poteri»

Una notte del Classico prima dell’inizio del festival, dedicata agli eroi e coreografata da Neri Marcoré . Tra Achille, Ulisse ed Ettore, Enea – il meno maestoso, certo, ma forse il più tenace tra gli eroi antichi – cercherà il suo posto forte della sua pietas. Il suo talento è soltanto uno: nella bufera, Enea non si limita a resistere e ad attendere che passi. Enea reagisce invece, si scrolla di dosso le macerie e si ostina a ricostruire, ancora e ancora. Fino alla fine.

Se la storia della letteratura si potesse riassumere in una sfida tra guardie e ladri, a quanto pare fino a ieri siamo stati tutti dalla parte dei ladri. Non ho mai sentito nessuno, alla domanda «qual è il tuo eroe preferito», rispondere: Enea. E dire che per un po’ ho anche vissuto a Roma. Se di Enea si ha una qualche pur lontana impressione – cosa non scontata, perché più spesso su di lui non si ha proprio nulla da dire, totale indifferenza -, è quella del debosciato. Dell’impiegato del Fato con la spina dorsale un po’ molle. Di colui che quasi per caso, sbattuto qua e là dagli dei, si ritrova a fondare un impero a sua insaputa. E che, quando gli accade qualcosa di veramente epico come essere sedotto da un’irresistibile regina di Cartagine disposta a donargli il suo regno, scappa impaurito. Del resto, quale eroe se ne va in giro per il Mediterraneo a mani giunte facendosi forte della sua pietas? Mi sono a lungo interrogata sulle ragioni di questi severi pregiudizi che gravano sul personaggio di Enea e che farebbero dell’Eneide un racconto per i deboli di spirito. Soltanto recentemente ho capito che questo disagio misto a scocciatura che si prova nel leggere il poema di Virgilio – o anche solo a sentirne parlare – non è legato tanto alla figura poco maestosa di Enea, bensì al momento in cui la si legge, l’Eneide. E a quel mio «recentemente» di poco sopra sono costretta ad aggiungere: purtroppo.

L’Eneide non è un poema per i tempi di pace. I suoi versi non sono adatti a quando le cose filano lisce. Quando va tutto bene, l’Eneide non può che annoiare a morte – e fortunatissimi coloro che, nei secoli, hanno sperimentato il lusso di sbadigliare sui suoi esametri. Ahinoi, il canto di Enea è destinato al momento in cui si sperimenta l’urgenza di raccapezzarsi in un dopo che stordisce per quanto è diverso dal prima in cui si è sempre vissuto. Per dirlo con le previsioni del tempo: l’Eneide è la lettura caldamente raccomandata quando si è nel mezzo della bufera, e pure senza ombrello. Seduti a riva aspettando l’altrui cadavere, è più che legittimo concedersi il lusso di scegliere da che parte stare tra Ettore e Achille – o sfogliare il menu delle avventure di Ulisse, insieme alle sue donne. Quando invece bisogna lottare affinché il cadavere che passa lungo il fiume non sia il nostro, ecco il bisogno di Enea.

Eppure come mai, pur riconoscendo che è tanto necessario, non possiamo fare a meno di detestarlo almeno un po’? Perché l’eroe di Virgilio non fa niente per consolarci. Anzi, osa persino provocarci. L’Eneide inizia sulle rovine, quelle di Troia – e non fa altro che smantellare ciò che crediamo di volere e di provare mentre siamo seduti sulle nostre, di rovine. La paura, innanzitutto. Soffre, Enea, soffre in ogni suo gesto, eppure sembra immune al ricatto dell’angoscia. Là dove noi restiamo sgomenti – più che giustamente -, lui passa oltre e non smette di avanzare. Piange moltissimo. Ma alla paura, risponde sempre con l’audacia. Non si sottrae al dovere di guardare in faccia realtà raccapriccianti. Non esita a dare un nome a ciò che fino a poco fa era a tutti ignoto. A fronteggiare fenomeni mai vissuti da nessuno. Enea pensa. Cataloga, si sforza di comprendere. Ricompone il magma indefinito del caos con il rigore della razionalità. Proprio per questo, a prima vista Enea appare così detestabile. Come noi non sa cosa fare, eppure lo fa. Come noi non sa da che parte cominciare, ma nel dubbio comincia. È irritante, è vero – perché non fa che ricordarci l’urgenza di continuare. Enea non comanda niente, se non un manipolo di disgraziati come lui. Non è neppure tanto forte – nel suo viaggio da Troia al Lazio non fa altro che inciampare. Tantomeno è solo, in viaggio con un padre e un figlio a carico e i Penati in tasca. Avesse almeno un’arma, una ricetta magica, un super-potere che lo distingua da noi banali sopravvissuti – qualcosa che ci risparmi dal dover concludere: se può lui, allora possiamo anche noi. Solo una cosa significa essere Enea: ostinarsi a rimettere insieme i cocci del passato a forma di futuro.

*autrice del bestseller La lingua geniale, 9 ragioni per amare il greco (Laterza 2016) e del più recente La lezione di Enea (Laterza, 2020)

corriere

Leggi anche:

Total
0
Shares
Lascia un commento
Previous Article

Censimento permanente sui banchi di scuola (anche in Dad)

Next Article

Nuovo confronto sul Dcpm di Natale. Il nodo degli spostamenti tra le regioni

Related Posts
Leggi di più

Via libera del Senato al ddl Valditara sul voto in condotta

Fortemente voluto dal ministro dell'Istruzione, il ddl prevede diverse novità relative al comportamento degli studenti: bocciatura con il 5 in condotta, 'esamino' con il 6 e sanzioni in caso di violenze. Il provvedimento passerà adesso alla Camera