Elsa Fornero: “La mia riforma tutelava le giovani generazioni. Sbagliato smantellarla”

elsa fornero

“Chi propone ora di abolire quella che viene chiamata “riforma Fornero” ha il dovere di spiegare agli italiani come finanzierebbe i risparmi di spesa da essa derivanti già contabilizzati nei conti pubblici (oltre 80 miliardi di euro entro il 2020)”. Queste le parole con cui l’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero si rivolge al direttore del quotidiano La Stampa, in una lunga lettera in cui spiega pregi e difetti della riforma che ha preso il suo nome. A pochi giorni dalle nuove norme introdotte dal ministro Poletti, l’economista mette in guardia dai rischi che si correrebbero, soprattutto a danno delle generazioni più giovani, smantellando gli interventi in materia di lavoro e pensioni varati dal Governo Monti.

Ecco il testo integrale della lettera

Gentile Direttore, 

sulle strade di accesso a molte grandi città sono stati posti cartelloni che definiscono «una vergogna» la «riforma Fornero» (sottintendendo «delle pensioni»). Sono stata ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del governo «tecnico» presieduto da Mario Monti e in quella veste ho largamente contribuito alla stesura del testo di tale legge, approvato dal Consiglio dei Ministri e, a larga maggioranza, dai due rami del Parlamento. 

Come «tecnico» non ho alle spalle un partito, un sindacato o un gruppo di potere. Sento pertanto il dovere civico – anche nei confronti delle migliaia di miei studenti ed ex studenti ai quali ho sempre cercato di trasmettere, insieme alle nozioni di macroeconomia, valori e principi etici – di ribadire, nel modo più pacato e trasparente possibile, che non c’è alcuna «vergogna» nella riforma del 2011, bensì severità accompagnata da un forte riequilibrio a favore dei giovani nei rapporti tra le generazioni.  

Siccome le riforme non nascono per caso, vale la pena di ricordare, anzitutto, la drammatica situazione in cui si trovavano (e non certo per colpa del governo tecnico) le finanze pubbliche italiane nell’autunno 2011, con la prospettiva di un collasso che avrebbe travolto retribuzioni, servizi pubblici e pensioni con la violenza con cui aveva colpito la Grecia e con la prospettiva di riforme ben più severe, come quelle poi introdotte in Spagna. Una crisi finanziaria che, diversamente da quella greca, avrebbe, insieme all’Italia, travolto l’euro e verosimilmente l’Europa. È anche il caso di ricordare la necessità di rispettare gli impegni presi dal governo precedente con la lettera all’Unione Europea del 26 ottobre di quell’anno, nella quale si accenna esplicitamente a una severa riforma delle pensioni. 

Il principale mandato del governo tecnico fu di ottemperare a tali impegni e di mettere fine allo stallo politico. Al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali fu chiesto di preparare il testo della riforma previdenziale in venti drammatici giorni (li ricordo uno per uno). La Camera approvò il cosiddetto «decreto Salva Italia» il 16 dicembre 2011 con 402 sì, 75 no e 22 astenuti; il Senato lo approvò definitivamente il 23 dicembre con 257 sì, 41 no e nessun astenuto. Questi numeri mostrano la consapevolezza dello «stato di necessità» nel quale il governo si trovò a operare. Mostrano anche che la cosiddetta «riforma Fornero» – essenziale per la credibilità, non solo finanziaria, del nostro paese, per il contenimento e la riduzione dello spread e per il successivo esplicito impegno della Banca Centrale Europea – fu in realtà largamente condivisa da forze politiche di segno opposto, anche se oggi, con un cinismo del quale è inutile stupirsi, la «vergognosa riforma» è soltanto opera dell’allora ministro del Lavoro.  

Certo, furono fatti errori, ma soltanto chi non fa non sbaglia. Nessuna riforma nasce perfetta. In quel caso, gli errori furono principalmente dovuti all’emergenza nella quale il governo si trovò a operare e alle errate informazioni statistiche fornite al Ministero di cui ero responsabile circa il numero di lavoratori che si trovavano (o che si sarebbero trovati in futuro, per via di accordi collettivi o individuali) nello speciale intervallo di tempo tra la fine del lavoro e l’inizio del pensionamento secondo le vecchie (peraltro insostenibili) regole. A questi lavoratori il governo di cui feci parte diede risposte, nell’ambito di vincoli stringenti di tempo, di risorse e di informazioni (molte regioni non hanno provveduto neppure oggi, a distanza di due anni, a fornire una stima sufficientemente precisa del numero dei lavoratori salvaguardabili).  

Si cercò di tutelare le situazioni di emergenza e di affrontare in modo sistematico il problema dei lavoratori di età più avanzata, in passato troppo spesso e troppo facilmente risolto con il pensionamento anticipato, senza che ciò servisse a migliorare le possibilità dei giovani di trovare un’occupazione. In un paese meno conflittuale del nostro, la ricerca di soluzioni condivise avrebbe consentito di risolvere più rapidamente e più efficacemente il problema. Da noi si è preferito usarlo strumentalmente e spregiudicatamente per guadagnarsi qualche voto in più.  

Chi propone ora di abolire quella che viene chiamata «riforma Fornero» quando la si critica, e «riforma del governo Monti» quando la si guarda con maggiore obiettività, ha il dovere di spiegare agli italiani come finanzierebbe i risparmi di spesa da essa derivanti già contabilizzati nei conti pubblici (oltre 80 miliardi di euro entro il 2020). Forse con una nuova imposta sulla casa? E ha il dovere di spiegare, in particolare ai giovani, perché si deve cancellare una riforma che ha alleggerito il loro «debito pensionistico», perché si deve ripristinare una formula di calcolo delle pensioni che dà di più a chi ha retribuzioni più elevate e che fa pagare questo «regalo improprio» esattamente a quelle giovani generazioni che a parole si vogliono sempre proteggere e che invece sono state fortemente danneggiate dalle passate politiche basate sul debito.  

La «vergogna» non è nella riforma ma nel travisamento grossolano dei fatti, allorché si presenta come a costo zero un’abolizione che metterebbe a rischio sia il risanamento finanziario italiano già ottenuto sia il futuro delle generazioni giovani. E nel presentare una meditata operazione di governo, ampiamente condivisa dai rappresentanti dei cittadini, come una mera «crudeltà» dell’allora ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. 

Total
0
Shares
1 comment
  1. La Sig.ra Fornero in questa lettera è stata brava a abbindolare il popolo, ma forse il problema dei costi relativamente alle pensioni era proprio da risolvere all’interno delle stesse, bastava, come spesso gli ultimi governi che abbiamo avuto continuano a dire ma non applicano, prelevare le risorse dalle 11.000 pensioni d’oro di cui sicuramente non si sono pagati i contributi.
    Non vado avanti perchè ci sono altri capitoli di spesa dello stato che possono essere ridotti a favore dell’Welfare, a cominciare dalla Casta dei politici.
    Buongiorno

Lascia un commento
Previous Article

"A scuola si cresce sicuri" - Il Piano di formazione del Miur per prevenire gli incidenti in aula

Next Article

La denuncia di un candidato: "Ecco come aggirare l'ASN e diventare lo stesso professori ordinari"

Related Posts
Leggi di più

Tirocini e stage: una guida per conoscerne tutti i segreti

Ogni anno in italia gli "stagisti" non sono meno di 700mila. Dal 2014 il newsmagazine RepubblicadegliStagisti.it offre una bussola per cercare di orientare al meglio chi si affaccia per la prima volta al mondo del lavoro. Lunedì 13 maggio presentazione alla Cattolica di Milano.