Direttore Censis: "Al Sud, se non c'è lavoro nel pubblico, è inutile andare all'Università"

Giuseppe De Rita alla presentazione del libro di Lorenza Lei ‘ET_NET – La rete delle reti’, Roma, 03 Aprile 2014. ANSA/FABIO FRUSTACI

“La massima aspirazione dei giovani del Mezzogiorno era diventare funzionario pubblico e in subordine entrare in una azienda. Di questi due approdi non è rimasto nulla”. Così, dalle colonne de Il Mattino, il direttore del Censis, Giuseppe De Rita, spiega il crollo delle immatricolazioni negli Atenei del Sud Italia: la mancanza di impiego nel pubblico settore o in grosse aziende sarebbe, infatti, la prima causa di un fenomeno che sta portando migliaia di ragazzi e ragazze del meridione a scegliere università lontane da casa o semplicemente di smettere gli studi.
“Era il Mezzogiorno che aveva questa serbatoio di possibilità – continua De Rita – Il figlio del tecnico del milanese non pensava di fare il funzionario pubblico, nel Mezzogiorno era il vero destino. Ora l’orgoglio di diventare un alto dirigente dello Stato, per le difficoltà e le scarse possibilità, è totalmente assente. Manca quella tipologia di lavoro”.
Un unico destino: il lavoro pubblico. Se viene meno quello, nel Mezzogiorno, le giovani generazioni non saprebbero che altro fare. Innovazione, start up, nuovi mercati? Non al Sud. De Rita chiarisce il suo pensiero: “Gli atenei meridionali non sono mai state palestre di innovazione tecnologica. Ma palestre per la formazione di una classe dirigente pubblica. Se questa è venuta meno, perchè un ragazzo deve scegliere queste facoltà? Guarda altrove, se può, a nord, in altre città o all’estero”.
E allora in questa logica la risposta alla crisi delle Università del meridione si traduce in una ricerca di nuovi posti di lavoro, possibilmente nella PA: “Le politiche importanti sono quelle del lavoro. Poi viene la formazione – spiega il direttore del Censis – Puoi avere la borsa di studio e che ci fai? Non è l’incentivo di partenza che ti fa correre ma l’obiettivo finale che ti fa fare lo scatto. Qui manca il traguardo finale”.
Una visione che a molti è apparsa fin troppo riduttiva, se non altro per la varietà e la tradizione degli Atenei del Sud Italia, abili non solo a sfornare impiegati pubblici, ma anche eccellenze scientifiche, tecnologiche, umanistiche: “L’esistenza delle università nel Sud Italia non può e non deve esaurirsi nella formazione di funzionari, quadri e dirigenti – ha commentato il Rettore dell’Università di Roma Tre, mario Panizza – E il calo degli iscritti nel Meridione non dipende dalla dequalificazione degli atenei, ma principalmente dalle maggiori difficoltà dei laureati a inserirsi in quel territorio nel circuito lavorativo, che non necessariamente dev’essere quello indicato dal presidente De Rita. Non ci stupiscono i dati sconfortanti forniti dal Ministero dell’Istruzione sulla desertificazione delle università del Sud. Questi sono la conseguenza inevitabile di una politica che ha ridotto i fondi (meno iscritti, meno soldi). Con queste premesse, l’unico modo di rilanciare l’università in Italia, al Sud come al Nord, è quello di “fare rete” con atenei territoriali, creare collegamenti per razionalizzare le risorse e le competenze. Forse così anche al Sud le università potranno ricominciare a crescere”.
 

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