Cultura classica e nativi digitali: quali sfide?

nativi digitali

Il professor Antonio Cocozza ci racconta quali sono le nuove sfide dei “nativi digitali”, che coinvolgono non più solo gli studenti, ma anche i docenti del sistema scuola italiano

 

In un recente libro di Nussbaum dal significativo titolo Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, si sostiene che molti Paesi alle prese con la crisi economica, attraverso le politiche di spending reviews impongono pesanti tagli agli studi umanistici ed artistici a favore dello sviluppo di abilità tecniche e conoscenze pratico-scientifiche.

Una decisione non errata del tutto, ma che potremmo definire particolarmente “miope”, poiché in questo modo mentre il mondo diventa sempre più complesso, interdipendente e globalizzato, gli strumenti per analizzarlo e comprenderlo, nell’accezione weberiana, si fanno più poveri e rudimentali, senza una significativa capacità speculativa. Allo stesso modo, mentre l’innovazione richiede intelligenze flessibili, aperte e creative, l’istruzione tende a ripiegarsi su poche nozioni, talvolta stereotipate, che non generano l’acquisizione di senso critico. L’autrice precisa che non si tratta di difendere una presunta superiorità della cultura classica su quella scientifica, bensì di mantenere l’accesso a una conoscenza che nutra la libertà di pensiero e di parola, la capacità di maturare un’autonomia di giudizio, acquisire la forza dell’immaginazione, come altrettante precondizioni per una umanità matura e responsabile.

Se è vero che senza istruzione non c’è progresso, la cultura umanistica è il vero strumento in grado di promuovere in ogni  persona la capacità di autoesaminarsi e di riflettere su se stessa, a beneficio di una “cultura pubblica deliberativa più riflessiva” che, come sostiene la Nussbaum, rende critici e meno vulnerabili di fronte agli altri, all’autorità e alla pervasività delle tendenze.

Non a caso l’autrice precisa che “solo la cultura umanistica educa una democrazia”, la cui essenza politicamente critica rischia di essere schiacciata dalla logica economica del profitto secondo cui il benessere di un paese si misura sulla base di criteri esclusivamente economico-numerici. La maggior parte delle nazioni inseriscono i propri giovani all’interno di un contesto scolastico strutturato verso il successo puramente materialistico, piuttosto che su piani più lungimiranti che educhino ciascun cittadino alla conoscenza adeguata della storia del mondo, alla responsabilità etica, politica e morale.

A questo proposito, occorre riconoscere che proprio sul piano dell’apporto dell’innovazione tecnologica, sulla crescente importanza delle metodologie didattiche interattive e sul ruolo formativo del Learning by doing, la cultura classica e il sistema dei licei italiani debbono fare i conti e aggiornare la loro capacità di comprendere e guidare i fenomeni innovativi, che caratterizzano l’attuale e futura knowledge society.

La maggioranza dei docenti italiani, a parte alcune lodevoli esperienze pilota che stanno sperimentando nuove metodologie nelle classi 2.0, sembra che non abbia ancora compreso pienamente le opportunità e le potenzialità insite nelle nuove tecnologie, soprattutto sul piano della didattica, alimentando quel rischio che vede i ragazzi non comprendere perché la loro frequentazione con l’uso delle tecnologie informatiche sia da circoscrivere alle attività extra scolastiche, lontane dai processi di apprendimento formale. Su questo piano, le esperienze internazionali maturate in altri sistemi scolastici suggeriscono, invece, che l’integrazione delle ICT nella pratica e nella vita scolastica, benché non risolutiva di tutti i mali della scuola, appare in gran lunga una best practice utile per favorire l’insegnamento personalizzato e una buona socializzazione a un comportamento orientato a una logica di lifelong learning, in linea con la strategia Europa 2020.

Infatti, a proposito dell’influenza sempre più netta delle ICT sul sistema educativo, come chiariscono diverse ricerche, è necessario elaborare una diversa strategia di insegnamento/apprendimento e di conduzione delle stesse lezioni in classe, poiché l’interazione tra media digitali (ebook) e la comunicazione interattiva (smartphone, iPad,Tablet, PC), che rappresentano i fenomeni più eclatanti del mutamento sociale e dell’industria culturale all’inizio di questo millennio, stanno rivoluzionando il mondo della lettura e dello studio. I nuovi media mettono in crisi il regno della carta stampata gutenberghiana e fanno emergere una nuova cultura digitale che si afferma attraverso uno stile comunicativo orientato all’interazione attiva, all’autonoma produzione di contenuti e all’elaborazione in team (Dropbox) e alla condivisione (blog e social networks).

In definitiva, è necessario promuovere e sostenere la cultura classica, in una prospettiva di dialogo e ricomposizione dei saperi, finalizzata a contribuire a formare, come suggerisce Morin, “una testa ben fatta”, a favore della conquista di sempre maggiori gradi di libertà e di partecipazione responsabile e consapevole alla vita sociale, culturale e professionale della comunità.

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